Constantine - The Videogame, Usa 2005
Software house: Bits Studios / SCI Games
Publisher: THQ (Usa), SCI Games (Europa), Marvelous (Giappone)
Distribuzione: Warner Bros Digital Distribution
Direttore tecnico: Jerome Muffat-Meridol
Capo grafico: Derek Siddle - Capo designer: Rhys Cadle
Design: Daniel Hooley - Regia: Dylan Beale Produttore esecutivo: Foo Katan
Trademark "John Constantine, Hellblazer": DC Comics (Warner Bros)

 

 

   Modesto tie-in dell'omonimo film high-budget (2005) diretto da Francis Lawrence con Keanu Reeves nei panni del protagonista, il "detective dell'occulto" John Constantine titolare della testata a fumetti Hellblazer (edita da DC Comics, sussidiaria della Warner Bros che produce sia pellicola che gioco).
  Per chi non lo sapesse, i
tie-in sono i videogames su licenza ispirati ai film blockbuster, nonché una piaga pari alle bibliche cavallette.
  Quasi sempre realizzati in fretta e furia allo scopo di uscire in contemporanea con la pellicola di riferimento e sfruttarne il
battage pubblicitario, non vantano una sola idea nuova e si accontentano di innestare alla meno peggio attori/personaggi pixellati su architetture visuali e interattive fin troppo collaudate, quando non consunte e bisunte. Oltretutto sono spesso scadenti pure dal punto di vista tecnico, con grafica sommaria o comunque scarsamente fantasiosa e gameplay piatti e ripetitivi.
  Del film
Constantine parliamo più approfonditamente qualche riga oltre. Qui basti dire che, nonostante il budget, il team di professionisti alle spalle e una star come Keanu Reeves, resta un horror mainstream di interesse medio-basso, incapace sia di avvincere che di convincere. Il videogioco è in sintonia: si adegua pigramente al tran tran dei tardi survival di 6° generazione, prendendo come punto di riferimento l'immancabile Resident Evil ed enfatizzandone la componente action. Né la grafica, né il gameplay, né la sceneggiatura rivelano guizzi creativi e l'insieme si accontenta di essere un convenzionale sottoprodotto ripetitivo e anonimo, privo di qualsivoglia ispirazione.
  Non particolarmente brutto ma del tutto inutile, il che forse è peggio.



Trama:

  Nelle linee essenziali la trama del gioco è la stessa del film, con molte sfrondature a sotto-intrecci di scarso peso.
  L'eterno conflitto tra Paradiso e Inferno viene da millenni combattuto secondo regole precise, approvate e rispettate da ambedue le fazioni. Angeli e demoni restano in disparte e sulla Terra hanno diritto a circolare e operare soltanto i "mezzosangue", entità incarnate in corpi umani. Costoro agiscono in modo da convertire gli uomini al bene o al male e poi acquisirne le anime all'atto del trapasso.
  Los Angeles. Il "detective dell'occulto" John Constantine è un uomo nato col dono della Vera Vista, che permette di identificare i mezzosangue - e di conseguenza la loro natura diabolica o angelica - semplicemente guardandoli. John utilizza questo potere per scovare i mezzosangue demoniaci, che poi elimina con curiose armi pseudo-sacre (bombe d'acqua santa, pistola a crocefisso...). Nelle sue battaglie è talvolta aiutato da gente eccentrica, come l'artigiano Beeman o il sacerdote Padre Hennessy.
  Una notte Balthazar, mezzosangue demoniaco, assassina Elriu, mezzosangue angelico. John si rende conto con sconcerto che la città sta venendo invasa da demoni. Demoni veri, non semplici mezzosangue, decisi a recuperare una reliquia che Elriu proteggeva, la punta della lancia che trafisse il costato di Cristo. Con l'appoggio di Padre Hennessy e Beeman, John scopre inoltre che qualcuno legato a Mammona, il figlio di Lucifero, sta violando le millenarie regole allo scopo di portare l'Inferno sulla Terra. E il Paradiso, come rivela l'arcangelo Gabriel, non sembra intenzionato a intervenire. La chiave (involontaria) di tutto dovrebbe essere Angela Dodson, una poliziotta dotata della Vera Vista...

Grafica e gameplay:
  Graficamente il John Constantine ludico ricorda quello filmico, con tratti simili (benché non identici, per questioni di diritti) a quelli di Keanu Reeves. Altri personaggi sono ricalcati in toto sugli interpreti con risultati apprezzabili, tipo l'arcangelo Gabriel che Tilda Swinton interpreta con gelida alienità. I filmati in CGI, assai numerosi, sono tecnicamente ben realizzati, però il design in sé non è molto ispirato: i demoni appaiono banalotti e raccogliticci - non dissimili da quelli del film, purtroppo - e le location anonime. Il tutto risulta anche povero di dettagli, vista la limitata potenza delle console d'appoggio (PlayStation 2 e Xbox) e il fatto che i programmatori abbiano preferito puntare più su un gameplay sciolto che non sull'estetica.
  Le "missioni" sono a compartimenti stagni, ciascuna ambientata in una maxi-locazione isolata. Il movimento del protagonista è analogico, perfettamente controllabile mediante levetta, buono per la gestione del combattimento. John ha a disposizione parecchie armi da fuoco e vari incantesimi offensivi (es.: Gargoyle, che tramuta i mostri in pietra; Corvo di Tempesta, che li fulmina sul posto; Fame, che li fa consumare da sciami di mosche). Peccato che le armi e le magie si assomiglino un po' tutte nei risultati, per cui la loro varietà si riveli più apparente che reale. Inoltre gli "effetti speciali" degli incantesimi risultano privi d'inventiva.
  I combattimenti sono numerosi ma anche tremendamente monotoni e ripetitivi. Ciò che differenzia i livelli più avanzati da quelli primari è il numero dei demoni, non la loro varietà. I mostri, insomma, sono pressoché sempre gli stessi, e battaglie e
location sembrano realizzate in fotocopia. La lunghezza abnorme del gioco non aiuta.
  Trovando oggetti-bonus sparsi per i vari livelli è possibile sbloccare contenuti extra in apposite gallerie: filmati, storyboard, bozzetti e persino interviste agli autori. Non è sufficiente a promuovere l'opera (un videogioco va valutato in base alle sue caratteristiche principali, non agli extra), ma resta una chicca gradita.

  Analisi

  Digressione storico-cinematografica. I film incentrati su figure carismatiche di "ammazzamostri" hanno il loro capostipite nell'inglese Lo sterminatore dei vampiri di Brian Clemens (Captain Kronos Vampire Hunter, 1974), tarda produzione della Hammer della decadenza. Ai giorni nostri, il boom degli effetti speciali computerizzati e la diffusione dei cine-fumettoni per adolescenti hanno dato vita a un vero e proprio sottogenere, con film ipertrofici tipo Van Helsing di Stephen Sommers (2004) e la franchise di Blade (finora quattro titoli), laddove l'opera di Clemens negli anni '70 era rimasta un parto isolato. Tali produzioni appaiono in genere piuttosto superficiali, incentrate come sono su trame banali e prevedibili, con personaggi privi di spessore e profluvio di effetti speciali fini a se stessi. Anche il vecchio film di Clemens al di là della simpatica fusione tra horror e cappa e spada (rimpiazzata oggidì da arti marziali e sparatorie isteriche) non aveva molto da offrire.
  Constantine rientra nel sottogenere ma vanta, se non altro, maggiore personalità per via dell’insolita combinazione tra detection noir e soprannaturale che già caratterizzava il fumetto. Il personaggio di John Constantine, creato sulle pagine di Swamp Thing da Alan Moore (forse il maggior sceneggiatore del comicdom mondiale) e in seguito protagonista assoluto della testata Hellblazer, è una sorta di detective dell’occulto coinvolto in avventure orrorifiche caratterizzate, appunto, dall’amalgama tra soprannaturale e noir (quasi nulla in comune col nostrano Dylan Dog, che del noir propriamente detto ha pochissimo). Le storie di Constantine, tradizionalmente più letterarie che d’azione, sono state scritte nel corso degli anni da vari autori talentuosi del Regno Unito, a partire da Jamie Delano per arrivare in tempi recenti a Garth Ennis. Il soggetto del film di Lawrence si rifà in particolare alla saga di Ennis denominata “Abitudini pericolose ma, come spesso accade in questi casi, non è granché rispettoso della fonte. Basti pensare che Constantine da inglese purosangue (di Liverpool, per la precisione) su pellicola è diventato losangelino, evidentemente per accaparrarsi meglio le simpatie del pubblico americano (ma la cosa non ha funzionato molto).
  Al di là di questi dettagli, che possono turbare soltanto i puristi, il film è mediocre. Gli spunti potenzialmente più originali non vengono approfonditi (es., il fatto che tra Paradiso e Inferno sia in vigore una sostanziale neutralità che spinge ogni parte in causa a procacciarsi le anime in maniera quieta, senza pestare i piedi ai rivali) e i vari
subplot finiscono solo coll'arruffare inutilmente una trama semplice incentrata sulla convenzionale lotta tra Bene e Male. Troppi elementi, come le profezie criptiche sulla fine del mondo e le armi usate da Constantine, appartengono al vetusto immaginario degli horror “religiosi” e suscitano più tedio che altro. Anche il ritmo è incostante e alterna frangenti concitati di indubbia efficacia visiva a sequenze ridondanti e monotone. Keanu Reeves scambia l’inespressività per carisma, più intrigante il cast secondario (Rachel Weisz, Tilda Swinton, Djimon Hounsou) purtroppo penalizzato da dialoghi perlopiù scolastici. Effetti speciali ottimi ma poco fantasiosi. Piuttosto costoso (oltre 100 milioni di dollari di budget), il film è un flop negli Usa nonostante il momento favorevole alle riduzioni da fumetti e recupera solo grazie al mercato estero (230 milioni lordi d’incasso in totale), senza trovare la forza di generare una franchise.
  La personalità del protagonista è il maggior motivo d'interesse del film. Constantine si inserisce bene nella scia di Philip Marlowe, Sam Spade e compagni, e come i suoi predecessori è un antieroe tipico dell’epoca metropolitana, sempre più disillusa e immersa nel relativismo morale. Malinconioso detective
nero, John incarna il classico misto di cinismo e romanticismo incapace di credere in ideali assoluti, ma anche dotato di sufficiente sensibilità per schierarsi dalla parte “giusta” (in genere quella dei diseredati e degli innocenti perseguitati). Non risalta grazie alle qualità fisiche, al coraggio o all’intelligenza, ma per merito di una disincantata arte del vivere che gli permette di diradare le ombre, intuire risvolti nascosti e dissipare incantesimi.
  Anche nel videogioco l'originale fusione tra
noir e soprannaturale, benché fievole, resta percepibile e conferisce all'opera un briciolo di anima e interesse di cui invece i games ispirati a Van Helsing e Blade II appaiono desolatamente privi. "Questi" non sono che banalissimi hack & slash ripetitivi oltre l'umana sopportazione, con mostri che non suscitano alcuna paura e potrebbero benissimo venire rimpiazzati da qualsiasi nemico generico (infatti non sono stati inclusi nel presente dizionario, non avendo nulla di horror), mentre "quello" è un survival vero e proprio, seppur con una dose di action superiore alla media. Le buone notizie, purtroppo, terminano qui, perché oggettivamente Constantine come survival horror vale poco.
  Rispetto al film, il gioco ha il pregio di eliminare molte sottotrame superflue e il difetto di non trovare adeguati rimpiazzi. Spogliata degli abboccamenti sentimentali tra Constantine e il detective Angela e dei problemi di salute di John, la sceneggiatura semplifica all'eccesso una situazione di routine priva di spunti narrativi interessanti. In pratica, il player ha pochissimo da fare a parte ammazzare mostri e recuperare oggetti. Troppo esile e scontato, il canovaccio è ulteriormente annacquato da una durata spropositata in relazione a quel che l'opera ha da offrire.
  La scarsa ispirazione dei designer non migliora la situazione. I demoni che Constantine affronta hanno talora qualcosa di inquietante, ma nel complesso il loro
look è abbastanza generico. Idem per i mid-boss, riproposti di continuo col risultato di suscitare assai più irritazione che paura. Irritante e poco fantasiosa è anche la scelta di rendere progressivamente più difficili i vari livelli non creando nuovi avversari o diversificando le architetture, ma semplicemente aumentando a dismisura il numero di mostri, sempre gli stessi salvo qualche occasionale variazione nel design. Pure le location (uffici, strade, appartamenti) risultano sommarie e banali, suscitando spesso nel player la snervante impressione di averle già affrontate migliaia di volte, anche se non è vero. L'Inferno, che Constantine è in grado di visitare passando attraverso portali magici, è sulla medesima falsariga: dipinto come uno scenario da dopobomba, con architetture e manufatti in sfacelo (soprattutto scheletri di automobili) all'interno di un desolato paesaggio rosso monocromo, la prima volta appare suggestivo, la dodicesima fa venire voglia di spegnere il televisore.
  Inutile aspettarsi qualche giovamento dal gameplay. Le battaglie sono più ripetitive che mai, nonostante gli autori si siano sforzati di conferire un po' di varietà fornendo al player un buon numero di armi e incantesimi offensivi. Gli indovinelli possiedono un certo fascino, ma risultano quantitativamente scarsi e l'eccessiva lunghezza del gioco azzera il loro potenziale.
  In conclusione, il videogioco di Constantine è eccessivamente semplicistico e ripetitivo sia dal punto di vista della trama che del design che della giocabilità per suscitare qualcosa di più di uno svago occasionale. Anche gli immancabili falsi spaventi e salti dalla sedia sono prevedibili e poco efficaci. Inoltre, è davvero troppo lungo. Come
tie-in, risulta assai più gradevole, originale e riuscito Buffy the Vampire Slayer.

Versioni:

  Il gioco è per PlayStation 2, Xbox e PC. Non si segnalano differenze di rilievo tra le diverse versioni. Discreto il doppiaggio italiano.

 

- Microsoft Xbox (2005)

- Sony PlayStation 2 (2005)

- Windows PC (2005)

 

 

 

Marco "Night Walker" Montericcio                  


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