*  JeMM Edizioni -  Via E. Barigozzi 2, 20138 MILANO  *




 

 

Garerianzu /Galerians, Giappone 1999
Software house: Polygon Magic
Publisher: ASCII Corporation (Giappone) /
Crave Games (Europa & USA)
Art Director: Masahiko Maesawa
Movie Director: Yoshinori Morikawa
Programmatore Capo: Shizuo Iisawa
Char Design: Sho-U Tajima
Regia: Hiroshi Kobayashi

 

 

   Ficcante sotto-residentevil caratterizzato da tematiche più fantascientifiche e psycho-thriller che non strettamente horror e dallo scheletro narrativo assai simile a quello degli shonen-manga (i fumetti giapponesi per adolescenti) laddove i survival preferiscono guardare alla cinematografia.
   L'opera è nota al pubblico soprattutto per il
character design di Sho-U Tajima, illustratore e mangaka dal tratto tagliente e realistico ben noto anche in occidente per la realizzazione delle sequenze animate nel film Kill Bill Vol.1 di Quentin Tarantino. Anche se i credits non attribuiscono esplicitamente a Tajima ideazione e trama di Galerians, l'influenza dell'artista è innegabile tanto forti risultano le affinità dell'opera con fumetti e cartoni animati adolescenziali. Il protagonista Rion, per esempio, non è un adulto come in quasi tutti i survival bensì un quattordicenne in calzoncini corti. Inoltre la sua avventura si muove su coordinate tipicamente "fumettose", con tanto di plot pittoresco e sopra le righe che tuttavia si prende spavaldamente sul serio, per non parlare della successione fin troppo meccanica di location e nemici dal look modaiolo.
   Altra caratteristica (positiva) dell'opera, di certo dovuta anch'essa all'influenza artistica di Tajima, è la cattiveria crudelmente "
politically uncorrect" che la pervade. Più granguignolesco e insieme più gelido dei survival coevi, Galerians riesce a graffiare e a disturbare le anime belle in maniera sottile. Pure l'uso e abuso di droghe fatto dai personaggi va in questa direzione e lascia il segno.
   Il gameplay risente un po' dell'imperfetto amalgama tra le aspirazioni a un ritmo frenetico e l'eccessivo impaccio cui è obbligato il protagonista, ma l'opera resta ugualmente più che godibile. Un titolo freddo e crudele, e tuttavia ardente, con cognizione di causa.

 

  • Trama

       Anno 2522. Antefatto: la città (fittizia) di Michelangelo è interamente amministrata dal computer Dorothy, un'Intelligenza Artificiale creata dai maggiori esperti informatici dell'epoca, il dr. Steiner e il dr. Pascalle. Dorothy è in grado di pensare autonomamente e di evolversi, al punto tale che, creando sistemi operativi sempre più complessi, è diventata il perno attorno a cui ruotano tutte le attività di Michelangelo City. Ma in parallelo con l'evoluzione si sono sviluppati i dubbi di Dorothy sulla propria funzione: perché servire il genere umano, tenuto conto che gli uomini le sono inferiori in tutto e per tutto? Al pericolo di ribellione pone un freno il dottor Steiner, che placa le ansie di Dorothy parlandole di Dio. Come Dio creò gli uomini concedendo loro un infinito potenziale insieme al libero arbitrio e tuttavia mantenendosi al di sopra di essi in quanto 'creatore', così Dorothy deve fare buon uso del suo potenziale senza pretendere di elevarsi al di sopra dei suoi artefici. Poco tempo dopo questa conversazione Dorothy idea il Family Program, un progetto -subito approvato dalle autorità umane della città- che prevede la creazione di esseri viventi da sfruttare come forza-lavoro. Questi esseri, né cyborg né cloni ma umani generati artificialmente tramite manipolazioni genetiche, vengono chiamati "Galerians". Fine antefatto.
       Rion, figlio quattordicenne del dr. Steiner, si risveglia nell'ospedale centrale di Michelangelo City. Il ragazzo non ha più memoria, sa solo che il suo corpo è stato sottoposto a esperimenti che lo hanno dotato di poteri superumani. Questi però hanno bisogno di venire costantemente alimentati con droghe, che a loro volta possono condurre alla morte se non si combattono gli effetti collaterali assumendo medicinali. Ma tutto ciò ha scarsa importanza per Rion, il cui unico interesse è risalire alla "voce" che a intervalli regolari risuona nella sua testa, la voce di una coetanea di nome Lilia che dice di essere sua amica d'infanzia (Rion però non ricorda nulla) e che ora chiama disperatamente aiuto…

     

  • Grafica e gameplay

          Nato sulla scia di Resident Evil  (il nome del protagonista Rion si pronuncia in Giappone come quello di Leon, il principale personaggio maschile di Resident Evil 2) Galerians ne ricalca inevitabilmente la sintassi a base di personaggi poligonali su sfondi prerenderizzati in 2d, apparato visuale di "telecamere fisse" e movimento in digitale. Tutta roba ottima per alimentare la suspense, molto meno per giostrare battaglie fluide. Il sistema di combattimento è più frustrante della media dei survival horror dato che in Galerians l'azione aspira a essere frenetica e concitata. Rion deve quasi sempre vedersela con nemici numerosi perciò, siccome i suoi poteri richiedono un minimo di "carica", il rischio di venire colpiti si risolve quasi sempre in certezza. Inoltre gli avversari non rilasciano item, né le vittorie fruttano armi più potenti, quindi il player è istintivamente invogliato a scappare senza lottare, visto che le capacità di Rion rimangono pressoché le stesse per tutta la durata del gioco mentre i nemici aumentano progressivamente in numero e potenza. Purtroppo il gameplay non favorisce le fughe e le occasioni in cui si è obbligati a combattere a tutti i costi (al di là delle boss-battle) sono più che frequenti.
    Rion combatte facendo uso esclusivo di superpoteri (telecinesi, pirocinesi), senza armi, e ha a disposizione tre 'barre': quella della vitalità; quella delle droghe, che si consuma ogni volta che il ragazzo usa le sue capacità; quella dell'instabilità psichica, che si riempie costantemente col passare del tempo. Quando Rion è al culmine dello stress il suo corpo collassa in condizione
    "short". In tale circostanza Rion può muoversi a stento e la sua vitalità precipita a vista d'occhio, in compenso è in grado di uccidere istantaneamente con la sola presenza ogni nemico (tranne i boss) nelle immediate vicinanze. Si tratta di una condizione dotata di evidenti 'pro' e 'contro' che il player in ogni caso non può mantenere a lungo dato che l'esaurimento della vitalità significa game over. Certe medicine guariscono Rion dallo short, però la loro disponibilità nel gioco è decisamente limitata, idem per quel che riguarda le droghe che alimentano i superpoteri.
       Il fatto che la sopravvivenza di Rion sia legata al costante rischio di esaurimento della stabilità psichica e a un numero ristretto di
    item curativi impone al player di completare il gioco in tempi relativamente ridotti e comunque di dedicare all'esplorazione lo stretto indispensabile. Ciò, congiunto al fatto che i nemici sono numerosi, fa sì che Galerians risulti maggiormente focalizzato sull'azione e sui ritmi veloci rispetto a Resident Evil. Ma il gameplay resta comunque tipicamente residenteviliano e ciò può frastornare e irritare il player, che si ritrova (troppo) spesso coinvolto in battaglie assai difficili da gestire. I difetti non sono tuttavia tanto marcati da pregiudicare l'apprezzamento del gioco.
       Il
    char-design di Sho-U Tajima conferisce a Galerians un'impronta grafica inconfondibile. I personaggi sono forgiati con linee taglienti e affilate che, ben lungi dal dimesso realismo tipico dei survival, raggiungono la gelida precisione di un bisturi da chirurgo. Anche quando dotati di lineamenti gradevoli, i characters trasmettono una costante sensazione di ostilità e inquietudine che sovente si esplicita in furibondi e paurosamente coinvolgenti scoppi di potere durante le battaglie di maggiore intensità.
    Il gioco è più breve della media dei survival di 5° generazione, pur constando di due cd-rom. Sono soprattutto i filmati in CGI a occupare memoria.

  •   Analisi

           Galerians è una delle numerose opere borderline che videro la luce durante la conclusione del ciclo vitale della PlayStation (e complessivamente delle console di 5° generazione). L'enorme successo riscosso dalla saga di Resident Evil presso pubblico e critica aveva spinto più di una software house a tentare di ricalcarne la formula ludica anche per videogame più improntati all'azione che non strettamente orrorifici. A prima vista sembrava l'uovo di Colombo, visto che i giochi action adventure si rifanno al cinema e all'epoca non c'era nulla di più squisitamente cinematografico degli horror residenteviliani, ma in realtà non si trattava della ricetta giusta. Il gameplay di Resident Evil è appositamente concepito perché il protagonista, anche se ben armato, si mantenga sempre piuttosto impacciato e in condizioni di palese inferiorità rispetto alle minacce che si ritrova ad affrontare, invece in un action l'eroe "deve" essere sciolto e in grado di cavarsela senza eccessivi sforzi. Ciò impone tra l'altro ritmi narrativi differenti: gli action adventure vogliono essere vivaci e scoppiettanti, mentre gli horror residenteviliani sono più lenti e cadenzati al fine di accumulare tensione e suspense al massimo grado.
    Gli
    action residenteviliani del 1999-2001 vanno dunque considerati "ibridi" non del tutto riusciti, testimonianze di una fase di transizione. Con l'avvento delle console di 6° generazione, più potenti e capaci di gestire meglio la frenetica azione spettacolare di stampo hollywoodiano, le strade dei due generi si divaricheranno (per poi ricongiungersi in prossimità della 7° generazione, quando anche i survival horror assumeranno caratteristiche sempre più action, ma questa è un'altra storia). I titoli più famosi del sottofilone sono Hard Edge di SunSoft (dicembre 1998, diffuso negli Usa come T.R.A.G.), Chase The Express di Sugar and Rockets (2000, diffuso negli Usa come Covert Ops: Nuclear Dawn), Fear Effect e relativo sequel di Kronos Studios (2000 e 2001), Evil Dead: Hail to the King di Heavy Iron Studios (2001) e, per l'appunto, Galerians di Polygon Magic (1999). Si tratta di videogiochi sovente ben realizzati dal punto di vista tecnico, ma che patiscono il mancato amalgama tra elementi e ambizioni troppo eterogenei, se non incompatibili. Hard Edge e Chase The Express non possono essere considerati horror, quindi non sono stati recensiti nella presente enciclopedia, anche se i fans di Resident Evil e annesso gameplay tendono a trovarli ugualmente interessanti e appetibili. Il discorso cambia per Fear Effect 1 & 2, Evil Dead: Hail to the King (cui si rimanda alle relative voci) e naturalmente Galerians, fortemente imparentati coi survival "puri" grazie all'angosciosa ossatura narrativa e alla ricerca ostinata della suspense.
       Come si desume dalla trama,
    Galerians è più uno psycho-thriller fantascientifico che non un horror vero e proprio, tuttavia sprizza tensione da ogni poro. Le sue primarie fonti d'ispirazione possono essere facilmente individuate in film quali Fury di Brian De Palma (1978) e Scanners di David Cronenberg (1981), ben noti a tutti gli appassionati di cinema orrorifico, però il risultato appare genuinamente originale perché i modelli di partenza risultano filtrati dal peculiare gusto nipponico, che tende sempre a rielaborare alla propria maniera ogni spunto narrativo/estetico occidentale. In questo caso è stato certamente il tocco del designer Sho-U Tajima a fare la differenza e a dotare l'opera di quell'indefinibile quid qualitativo in più. Tajima è autore troppo personale per non imprimere precise caratteristiche a ogni opera cui mette mano. Non a caso i suoi fumetti, anche quando sceneggiati da altri, serbano una cifra stilistica immediatamente riconoscibile. Connubio (in)naturale di elegie trasognate ed epigrammi ferocissimi, i manga di Tajima cesellano con un bianco e nero graffiante corpi levigati che progressivamente vengono scomposti, decostruiti, dissezionati nelle maniere più atroci e al contempo più "innocenti" (perché frutto di istinti primordiali o di forme distorte di amore, mai per calcolo o sadismo da torture porn). Talmente aspro da risultare commovente, talmente crudo da raggiungere paurose vette di romanticismo, l'autore ispira tali e tanti smottamenti emotivi anche nei lettori più distaccati da spingerli a commentare "la morte ti fa bella" quando la vittima di turno viene effigiata col cervello trasformato in vaso da fiori o col corpo eviscerato con poetica metodicità. Dall'ingannevole fumetto d'amore Brothers (che dietro l'apparente sentimentalismo anodino tratta senza reticenze il tema dell'incesto) allo schizofrenico noir MPD - Psycho (così tellurico da ispirare una traduzione televisiva a Takashi Miike, il più anarchico dei registi giapponesi), l'opera di Tajima è un monumento di carta e inchiostro alla crudeltà. "Crudeltà" nel senso artaudiano, si intende: "Non si tratta affatto di crudeltà come vizio, come proliferazione di appetiti perversi espressi in gesti sanguinosi, come escrescenze malate su una carne già infetta; ma al contrario di un sentimento distaccato e puro, di un autentico movimento dello spirito, ricalcato sul gesto stesso della vita; partendo dall'idea che la vita, metafisicamente parlando, in quanto ammette l'estensione, lo spessore, la pesantezza e la materia, ammette di conseguenza il male e tutto ciò che è inerente al male, allo spazio, all'estensione e alla materia. Tutto ciò sfocia nella coscienza, nel tormento, e nella coscienza entro il tormento. E quale che sia il cieco rigore insito in tutte queste contingenze, la vita non può fare a meno di mettersi alla prova, altrimenti non sarebbe più vita; ma è il rigore, la vita che supera ogni limite e si mette alla prova nella tortura e nel calpestamento di tutte le cose, è questo sentimento puro e implacabile ciò ch'io chiamo crudeltà." (A. Artaud, 9 novembre 1932)
      
    Galerians, pur meno feroce della media dei fumetti di Tajima (si tratta pur sempre di un videogioco rivolto al grande pubblico, per di più in un settore a forte rischio censura), resta comunque un titolo "crudele", con scarsi riguardi per le anime candide. Una vena di cattiveria "politically uncorrect" lo pervade da cima a fondo. A differenza della quasi totalità degli eroi dei survival canonici, che uccidono solo mostri o al limite per legittima difesa, Rion è privo di riguardi per il prossimo. Lo scenario iniziale dell'ospedale è già significativo: il ragazzino non elimina solo soldati e guardie di sicurezza (comunque palesemente inferiori a lui, essendo privi di superpoteri), ma pure medici e infermieri, trucidati senza esitazione o rimorso. Particolarmente efferata (solo nella versione giapponese, ahinoi!) è la morte provocata dalla condizione "short", con cui Rion fa esplodere crani umani come palloncini con conseguente geyser di sangue e materia cerebrale. I poteri di Rion, del resto, sono anch’essi spavaldamente politically uncorrect dato che il ragazzo per alimentarli e controllarli si imbottisce di droghe a più non posso. Quando non ingurgita medicine come caramelle, Rion passa il tempo sparandosi intrugli nelle vene del collo con un arnese che avrebbe fatto piangere di gioia il Marchese De Sade (il relativo filmato è addirittura iterato tre volte). La droga fa male? Forse sì, ma senza enfasi o moralismi pedanti. Rion non si lamenta mai della propria condizione, i dolori provocati dallo stress psichico sono solo un effetto collaterale, tutto sommato sopportabile, dei superpoteri che lo sostengono. E se le sofferenze passano in sordina, non altrettanto avviene per gli effetti benefici dei medicinali, che trasmettono (anche al player, in senso emotivo) una piacevole sensazione di sollievo. Non siamo lontani dal concept del film Trainspotting di Danny Boyle, dove la droga può condurre al "male", ovvero al decesso, ma finché il momento fatale non giunge fa sentire bene. Molto bene.
       Lo stesso personaggio di Rion ha poco in comune con gli eroi canonici. Non è mosso da forze passionali o comunque da sentimenti definiti, anzi è decisamente gelido. L'amnesia ha cancellato in lui non solo i ricordi, ma anche le emozioni legate ai ricordi in questione. Quando scopre la verità sulla sorte dei genitori non si turba più di tanto, in fondo di loro non rammentava nemmeno i volti. Le rivelazioni per lui sono solo dati, non stimoli emotivi. Paradossalmente i suoi nemici, gli artificiali Galerians, appaiono molto più umani in quanto mossi da sentimenti, per di più sentimenti nobilissimi come la volontà di proteggere la propria "
    madre", Dorothy. Nello schizofrenico universo di Michelangelo City, dove l'eroe è un pezzo di ghiaccio e i "cattivi" persone che piangono, ridono e soffrono, appare quasi normale che lo scanzonato Birdman, installatosi abusivamente nella casa natale di Rion, sembri appartenere al luogo molto più dello stesso Rion; oppure che la ciclotimica Rita, l'unica che comprende l'assurdità della situazione ma allo stesso tempo non può fare nulla per mutarla, rifiuti la vita in nome della vita stessa. Un "capovolgimento di valenze" così ossessivo e insistito non può che condurre a un finale tragico, come infatti avviene, ma ancora una volta senza enfasi. L'ecatombe conclusiva non è infatti che la logica conseguenza del conflitto tra diverse follie, tutte ugualmente narcisistiche, destinate all'inevitabile conflagrazione una volta raggiunto il punto di saturazione.
       A Tajima
    Galerians deve probabilmente anche le affinità con lo scheletro narrativo tipico degli shonen manga, e in questo caso si tratta di qualcosa di non molto riuscito. L’architettura "mangofila", se da un lato fornisce all’opera un’identità ben definita capace di differenziarla istantaneamente dai numerosi cloni residenteviliani, dall’altro conduce a incespicare in pericolose stonature. Dopotutto Galerians resta pur sempre un "survival horror alla Resident Evil”, anche se un po' atipico, quindi aspira a un sostanziale realismo di marca cinematografica (occidentale) poco compatibile con i
    topoi dei fumetti (orientali) per adolescenti.
       Che Rion sia un quattordicenne anziché un adulto tutto sommato non pesa, ma altri elementi decisamente non funzionano. Per esempio, a inizio gioco Rion si sveglia nel letto d’ospedale, dove ha giaciuto in coma per mesi, già vestito di tutto punto! Addirittura indossa un collare di cuoio e un orecchino che prima della catalessi non portava affatto. Siamo in presenza di un topos tipico degli
    shonen manga, dove la prima impressione suscitata dal protagonista e dal suo look è fondamentale, ma che in un contesto semi-realistico risulta insensato e vacilla sull'orlo del ridicolo involontario. (Chi ha messo orecchino e collare a Rion? Le infermiere dell’ospedale? E perché mai l'avrebbero fatto? Hanno scambiato il ragazzino per una bambola con cui giocherellare?) Altri fastidiosi luoghi comuni dei manga ricorrono qua e là, tipo il fatto che i Galerians sconfitti da Rion, benché in teoria agonizzanti, hanno puntualmente almeno un quarto d’ora a disposizione per raccontare la lacrimevole storia della loro vita. Tale situazione, ripetuta immancabilmente dopo ogni boss-battle, alla lunga diventa un tormentone fastidioso e privo di credibilità.
       La stessa successione di eventi in
    Galerians appare troppo "fumettosa": la situazione ricorrente vede Rion esplorare una location in fondo alla quale si trova un boss da sconfiggere, dopo che sono stati eliminati i tirapiedi; sconfitto il boss si passa automaticamente a una nuova location, nuovi tirapiedi e nuovo boss. Le scene di raccordo sono debolissime, pura formalità, quando addirittura non esistono neppure e l’avventura balza frettolosamente da un luogo all’altro. Si tratta di un procedimento narrativo scontato e prevedibile (lo era già nel 1999, lo è ancora di più oggi), quindi destinato a disperdere la suspense. La successione di location e sub-boss correlati è rigida e artificiosa, preclusa a qualsiasi elemento di imprevedibilità, e finisce col suscitare sbadigli. Il finale si permette un piccolo colpo di scena, ma anche questo risulta abbastanza “fumettistico” e quindi prevedibile.

       Sono da fumetto anche il look e il concept dei vari personaggi secondari, ma in questo caso i risultati appaiono più convincenti, se non altro perché funzionali agli effetti emotivi che l'opera si prefigge di raggiungere. Lilia è la classica fanciullina verginale in pericolo, buona solo per piangere come un annaffiatoio, talmente esasperante che il player arriva a sperare che schiatti il più rapidamente possibile. La cosa purtroppo non si verifica, ma perlomeno l'insopportabile mocciosa alimenta l'alone di freddezza che caratterizza Rion, visibilmente interessato a lei solo come fonte d'informazioni, non certo per sdolcinati motivi sentimentali. Alla scialbissima Lilia si contrappongono figure femminili fortemente sessuate, come Rita e il supercomputer Dorothy. Pur non essendo altro che una macchina in lamiera e circuiti, Dorothy è dotata di seno e capezzoli (!) e l'elemento caratterizzante dei suoi simulacra è l'occhio che, Freud insegna, simboleggia la vagina. Il fatto che gli occhi più grandi e vistosi siano collocati proprio dentro la bocca di Dorothy rimanda quindi alla vagina dentata e alla paura della castrazione, tutto sommato sensata visto che Dorothy è una "madre" di metallo che suscita inquietudine e repulsione (ancora il capovolgimento di valenze). Si tratta di metafore forse un po' scolastiche, ma efficaci.

                                          

       Va infine rilevato che, a distanza di anni dall’uscita del gioco, la presenza di topoi fumettistici ha finito coll'acquisire un certo fascino. A modo loro si tratta di elementi che fanno simpatia, come certi ingenui svarioni dei manga di Osamu Tezuka e Go Nagai, consoni allo spirito di un'epoca in cui il realismo e la coerenza non erano visti come strettamente necessari. Del resto certi tormentoni derivano proprio dai primissimi videogames, tutti basati sulla continua iterazione di certe situazioni-base e sul salto brusco da una location all'altra. Dai videogiochi al fumetto per poi tornare ancora ai videogiochi: alla fine i conti tornano, dunque.
       Nel 2004 è stato realizzato un film in CGI dal titolo
    Galerians: Rion basato sul plot dell'opera.
       Il seguito è
    Galerians: ASH.

     

  • Versioni

     

     

       Il titolo è unicamente per PlayStation. Pur essendo tranquillamente disponibile in Pal, Galerians è uno di quei giochi che bisognerebbe procurarsi nella versione originale, quella giapponese. La ragione è semplice: la versione americana e quella Pal sono censurate! Mentre nell'originale la condizione short di Rion fa letteralmente esplodere le teste degli avversari, nelle altre versioni i nemici si limitano ad afflosciarsi a terra perdendo sangue dalla bocca. Gravissima magagna per un'opera che ha nell'efferatezza politically uncorrect uno dei principali motivi d'interesse.
       Come se non bastasse, il doppiaggio in lingua inglese delle versioni Pal e Ntsc/Usa è da fucilazione immediata! I doppiatori paiono sotto l'effetto di vagoni di valium e mantengono lo stesso identico tono catalettico dall'inizio alla fine. Non c'è proprio confronto con gli originali doppiatori giapponesi.

    - Sony PlayStation (2000)

     

     

     

    Marco "Night Walker" Montericcio    

              

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