First person shooter
su soggetto barkeriano che, pur gravato da varie incertezze, può vantare almeno due pregi significativi. Primo: l’esordio nei survival horror di una modalità di gioco fino a quel momento appannaggio esclusivo dei FPS di stampo realistico/militare, il
tactical shooting
basato sulla gestione di una squadra di più individui, ciascuno con il suo stile esclusivo e le sue qualità (nonché debolezze). Secondo: l’ambientazione marcia e sudicia, fatta di scenari infernali che trasudano sangue e putridume da ogni pietra, in netto contrasto con
l’asettico stile
flamboyant
tanto di moda nell’horror post-2000.
Dopo l’ottimo ma sfortunatissimo (commercialmente parlando)
Undying
del 2001, Clive Barker si riavvicina al mondo dei videogiochi appoggiandosi alle solide spalle della produzione
Codemasters. Stavolta il coinvolgimento dello scrittore di Liverpool nella fase creativa é maggiore, Barker idea il soggetto e anche qualche bozzetto
per il design dei personaggi principali. Il risultato finale suscita però reazioni poco entusiaste presso pubblico e critica, forse anche in reazione
all’eccesso di pubblicità e di conseguente aspettativa (il cosiddetto “hype”
). Soprattutto la critica specializzata si dimostra fin troppo zelante nel crocifiggere le presunte magagne,
puntando l’indice contro la sostanziale mancanza di suspense, il gameplay troppo artificioso e di difficile gestione, il plot banale...
In realtà
Jericho, pur restando lontano dalla perfezione, non é affatto un brutto gioco, é solo un po’ irrisolto. Barker tende a mischiare nello stesso calderone elementi di indubbio fascino e originalità ad altri che puzzano di stereotipo irrancidito. Ciononostante il gioco é tutt’altro che privo di qualità; non ha suspense, é vero, ma nemmeno la cerca. Il suo vero obiettivo é immergere anima e corpo il player in un universo simil-lovecraftiano rigurgitante marciume, fetore e frattaglie: bersaglio indubbiamente centrato. Il gameplay tattico incentrato sulla gestione di più personaggi può spaventare i novizi, ma messo alla prova si rivela solido e coinvolgente.
In definitiva un’opera graffiante anche se non certo scevra da vizi (compreso il disastroso doppiaggio della versione italiana).
Trama
Antefatto. All'alba dei tempi la prima creazione di Dio fu un essere chiamato il Primogenito, né angelo né demone, né maschio né femmina. Turbato dall'eccessiva potenza della creatura, Dio la ripudiò e il Primogenito disparve nelle viscere della terra. In seguito Dio creò l'Uomo e la Donna, esseri deboli e imperfetti che non avrebbero potuto rivoltarsi contro il loro creatore, ma intanto il Primogenito aspettava la rivincita. La sua presenza era sufficiente a corrompere la zona del pianeta in cui era sprofondato, un'area del Medio Oriente su cui sorse la città malefica di Al Khali.
All'epoca dei Sumeri il Primogenito fece il primo tentativo di liberarsi, ma sette sacerdoti sumeri riuscirono a ricacciarlo nelle viscere del pianeta. Col passare delle epoche il Primogenito provò più volte a ottenere la libertà, ma fu sempre respinto da squadre di sette persone. Ora è tempo per l'ultimo tentativo. Se non riuscirà a liberarsi neppure stavolta il Primogenito sarà neutralizzato per sempre, se invece ci riuscirà la terra finirà sotto il suo dominio. Fine antefatto.
Il capitano dell'esercito americano Devin Ross fa un sogno in cui vede un bambino di colore supplicare aiuto e indicare Al Khali. Poco dopo Ross parte per la città maledetta insieme alla sua squadra, denominata "Jericho", che comprende il sergente Delgado, il capitano Jones, il caporale Cole, il tenente Black, il sergente Church e il cappellano Padre Rawlings. I sette, dotati tutti di poteri paranormali oltre che addestrati all'uso delle armi, dovranno farsi largo tra le atrocità di Al Khali e giungere al cospetto del Primogenito per imprigionarlo definitivamente.
La situazione è complicata dal fatto che ad Al Khali si sono infiltrati anche i seguaci della Confraternita dell'Estasi Cupa, una setta che aspira a liberare il Primogenito per
guadagnarsi un posto al suo fianco. Ross viene assassinato da Arnold Leach, capo della setta, ma la sua anima resta legata al team e gli permette di prendere
possesso dei compagni per dirigerli, combattere e curare i feriti. La squadra Jericho scopre che Al Khali è simile a una serie di scatole cinesi: 'dentro'
ogni epoca esiste un'altra epoca, dimensioni parallele progressivamente sempre più lontane dal tempo presente. Inizia così un viaggio allucinante. Dopo l'età
moderna c'è la 2° Guerra Mondiale (1942), seguono il periodo delle Crociate (1213), l'epoca della Roma imperiale (38 d.C.) e infine l'età dei Sumeri (3000 a.C.) in cui gli eroi dovranno vedersela con le divinità sumere in carne, ossa e malefici. Sui sette membri di Jericho pesa anche il fato toccato a suo tempo alle squadre che fermarono il Primogenito: nessuno tornò mai indietro, nessuno sopravvisse.
Grafica & Gameplay

Da buon
tactical shooter, Jericho pone il player a capo di un team di combattenti addestrati. I sette personaggi iniziali si riducono quasi subito a sei con la morte prematura di Devin Ross. Di fatto il videogiocatore controlla perennemente lo ‘spirito’ di Ross, che può balzare da un corpo all’altro e manovrare le azioni del compagno di turno. Ogni membro del team é dotato sia di armi convenzionali che di superpoteri, tutti ben caratterizzati. Il gioco é efficace nell’introdurre i talenti peculiari dei vari personaggi, e anche se il novizio tenderà inevitabilmente a fossilizzarsi sui soliti due o tre, l’appassionato imparerà a sfruttare le qualità di ciascuno (anche i poteri e gli arsenali in apparenza più trascurabili si rivelano utilissimi se si va oltre la superficie). Non esistono item curativi, chi va K.O. viene rigenerato dal tocco di Ross o di Padre Rawlings. L’Intelligenza Artificiale dei membri non direttamente controllati dal player é accettabile, tutto sommato superiore alla media dei
tactical shooter tenuto conto che la CPU deve gestire personaggi molto diversi per indole e talenti.
Occasionalmente il player deve affrontare alcuni
Quick Time Event, eventi cruciali in cui é possibile sopravvivere solo premendo con la massima velocità e regolarità una combinazione precisa di pulsanti (caratteristica introdotta nei videogiochi da
Shenmue
e nei survival horror da Resident Evil 4).
Le boss-battle funzionano pressappoco come enormi ‘puzzle’: bisogna individuare il punto debole del boss di turno e organizzarsi per colpirlo, cosa mai troppo facile neppure per gli esperti.
Dal punto di vista grafico il design degli ambienti punta a una certa epica grandiosità, ma é anche abbastanza ripetitivo. Naturalmente la presenza costante di resti umani decomposti e sangue a cateratte avvolge ogni cosa in una malsana atmosfera di putridume che grava come una cappa di piombo. A differenza della maggior parte dei survival horror, più sottili, J ericho punta agli stomaci forti e non lesina sull’orrore fisico più sgradevole. I nemici hanno quasi tutti sembianze umanoidi deformate e disgustose. La loro Intelligenza Artificiale non é granché, a renderli pericolosi é più che altro la passione per gli attacchi in gruppi numerosi. I più odiosi (e purtroppo diffusi) sono i Cultisti Kamikaze, che amano gettarsi a frotte contro la squadra per poi farsi esplodere con risultati devastanti.
Curiosamente il gioco è privo di modalità multiplayer.
Analisi
Pur non rifacendosi a nessuna opera specifica il soggetto di
Jericho é tipicamente barkeriano, una sorta di aggiornamento delle tematiche di Lovecraft (ferme restando le ovvie differenze stilistiche tra i due scrittori). Abbiamo così un mondo delle tenebre antichissimo e alieno abitato da creature del tutto incomprensibili per i comuni mortali.
 Benché il Primogenito venga presentato fin dalle prime battute come avversario di Dio, esso non é il Diavolo e Al Khali non é l’Inferno. La principale caratteristica della città non é infatti la malvagità ma l’alterità: essa segue leggi proprie e non può in alcun modo essere giudicata (e compresa) utilizzando i parametri consueti.
La maggior parte degli abitanti -un tempo umani- di Al Khali vive nella città maledetta addirittura per propria scelta, torturandosi e automutilandosi alla ricerca ossessiva e sadomasochista di un piacere che scaturisca dal dolore (lo stesso argomento del film barkeriano
Hellraiser, anche se qui il concetto é più enunciato che effettivamente mostrato).
Ma il fatto che il Primogenito sia un essere più ‘alieno’ che propriamente demoniaco non lo rende meno pericoloso. Come in Lovecraft, il mondo delle tenebre é talmente differente da quello normale che il semplice contatto basta a segnare le persone sprofondandole nella morte o nella pazzia. L’alterità bandisce ogni sentimento positivo, gli abitanti di Al Khali che non si sono abbandonati alla demenza conservano di umano solo una quieta rassegnazione. Persino il team Jericho non si rivela granché migliore dei suoi nemici e indulge spesso e volentieri in emozioni non proprio encomiabili (l’aggressività brutale di Delgado, il freddo razionalismo di Cole...). In Barker il Bene, a differenza del Male, non ha mai contorni definiti.
Con queste premesse si può comprendere come il gioco non miri a suscitare suspense nella maniera classica dei survival horror, in quanto compie un ‘ribaltamento dei codici’. Qui non c’è un mondo normale sconvolto dall’irruzione di un’alterità, ma un mondo già completamente alieno in partenza dove gli uomini tentano faticosamente di sopravvivere.
La tensione nasce dall’attraversare luoghi distorti in cui tuttavia si percepisce un vago sentore di umanità, un’eco quasi totalmente sepolta da atroci aberrazioni e tuttavia persistente.
Purtroppo il gioco è anche estremamente lineare e alla lunga tende a farsi ripetitivo e a scivolare nella routine, in quanto la gamma di emozioni evocate dalla peculiare struttura ludico-narrativa é già limitata in partenza. I programmatori della Mercury Steam hanno cercato di rimediare all’inconveniente variando il più possibile il design di nemici e maxi-aree nonché le situazioni di gioco, ma non é bastato. Anche se il gameplay ricorre sovente a
Quick Time Event al cardiopalma, missioni in solitaria e obiettivi più o meno curiosi, l’ispirazione resta monocorde. Il problema é anche del plot, intrigante ma tutto sommato banale. Inoltre mentre i personaggi del team Jericho sono caratterizzati in maniera efficace, i ‘cattivi’ (soprattutto i boss) sembrano usciti da un bignami dell’exploitation: la nazista sadica, il governatore romano vizioso, lo spretato con tendenze malsane per i bambini... Troppi cliché, che inevitabilmente finiscono col toglier mordente alla vicenda.

La giocabilità per fortuna si assesta su livelli complessivamente buoni, ma non aiuta il fatto che i nemici più ricorrenti siano anche i più irritanti, i Cultisti Kamikaze abilissimi a decimare l’intero team Jericho.
Come ben sa ogni giocatore
scafato, le situazioni troppo difficili e quasi insormontabili non generano paura ma solo frustrazione e nervosismo.
In definitiva
Jericho resta un gioco interessante, persino ispirato, ma irrisolto. Che lo stesso Barker, nonostante l’impegno, non sappia nemmeno lui cosa volesse realizzare di preciso lo dimostra anche il finale, insignificante oltre ogni dire.
Versioni
Il gioco é per Xbox 360, PlayStation 3 e PC.
Delle versioni 360 e PS3 esiste anche una Special Edition in tinbox con fascicolo aggiuntivo contenente illustrazioni e sketch. Curiosamente quest'edizione da noi è uscita in ritardo rispetto a quella standard (misteri della distribuzione italiana).
Per gli amanti di Trivia, a fine 2007 i personaggi di Church e Black sono apparsi in desabillée nel consueto numero annuale di Playboy dedicato alle bellezze dei videogiochi.
- Microsoft Xbox 360 (2007)
- Special Edition per Microsoft Xbox 360 (2007)
- Sony PlayStation 3 (2007)
- Special Edition per Sony PlayStation 3 (2007)
- Windows PC (2007) Marco "Night Walker" Montericcio
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