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PAINKILLER: OVERDOSE
Id., Repubblica Ceca 2007 - Software house: Mindware Studios
Publisher: DreamCatcher Interactive
Lead Designer: Nikola 'Niki' Matouskovà
Lead Programmer: Michal Rehàcek - Lead Artist: Brako Jelinek
Lead Animator: Petr Samek - Concept Art: Adolf Lachman
Sound & Music: Jàn Dusek - Executive Producer: Tomàs 'Sep' Pluharìk
C.E.O.: Karel Papìk
 



   

 

 

Terzo capitolo della saga di Painkiller, sulla carta un'espansione stand alone, Overdose è in realtà un mod realizzato da fans che il publisher DreamCatcher ha deciso di trasformare in gioco ufficiale vero e proprio, fornendo pieno supporto tecnico e finanziario agli autori.
Nonostante la veste abbastanza professionale del prodotto finito, sono rimasti dettagli che svelano fin troppo platealmente l'origine amatoriale dell'opera. Per esempio, la plancia destinata a ospitare gli immancabili Tarocchi Neri possiede 34 slot, come in
Battle Out of Hell, e tuttavia ci sono solo 17 Tarocchi nel gioco. Inoltre il riciclaggio è più che mai palese in locazioni come Loony Park, ripreso paro paro da Battle out of Hell; senza trascurare che armi e nemici sono spesso semplici versioni rivedute e corrette di elementi già apparsi nei precedenti Painkiller.
La formula da sparatutto "vecchio stile" che enfatizza epicità e horror fino a livelli ultra-grotteschi quasi caricaturali (ma mai esplicitamente parodistici) funziona ancora abbastanza, però nel complesso la fantasia latita e anche dal punto di vista tecnico
Overdose zoppica non poco - vedansi i temi di caricamento intollerabilmente lunghi.
Insomma, un lavoro sbrigativo concepito da fans e rivolto solo ai fans. Il publisher munge la vacca ed è soddisfatto, ma la dignità probabilmente se ne è andata insieme agli studios People Can Fly.

 

         Trama

La vicenda evoca gli eventi del primo "Painkiller", ma mancano forti punti di contatto narrativi. Di fatto, siamo in presenza di uno spin-off.
Millenni fa l'amore di un angelo e di una demone diede vita a un essere ibrido, Belial, respinto sia dall'Inferno che dal Paradiso. Giudicato troppo potente per essere lasciato libero, le alte sfere preferirono neutralizzarlo, così il demone Cerbero gli strappò le ali mentre l'angelo Sammael lo rinchiuse in una gabbia resa indistruttibile dalla forza vitale di Lucifero in persona.
La morte di Lucifero - avvenuta in "Painkiller" - ha però cambiato le carte in tavola. Venuta meno la forza vitale del carceriere, Belial ha potuto liberarsi. Il suo primo atto è stato strappare la testa del demone-guardiano che lo teneva d'occhio e adesso l'ibrido vuole vendicarsi della prigionia e delle sofferenze patite eliminando sia Cerbero che Sammael. Riuscirci, tuttavia, non sarà facile, dato che per raggiungere gli antri dei nemici bisogna attraversare numerosi 'mondi' purgatoriali rigurgitanti demoni furibondi. Ma Belial non difetta di coraggio e, approntate diverse armi, tra cui proprio la testa del demone-guardiano (capace di sparare raggi letali dagli occhi e di emettere urla ultrasoniche distruttive), si getta nella mischia senza alcuna esitazione.

 

          Grafica e gameplay


Il motore grafico è lo stesso di
Battle out of Hell, ovvero un po' più dettagliato di quello del primo Painkiller, ma comunque lontano dagli standard dei first person shooter più in vista. Tenuto conto che sono trascorsi ben tre anni dal precedente capitolo, non è una magagna da poco.
Gli autori si sono prodigati parecchio nello sforzo di creare nuove locazioni, nuovi nemici e nuove armi. Giustamente, visto che uno dei punti di forza della saga è sempre stato il costante afflusso di novità 'visuali'. I risultati, però, non sono all'altezza delle intenzioni: agli habitué di
Painkiller bastano pochi secondi per capire che il BoneGun è solo il vecchio Shotgun ritoccato e che le Geisha del livello Japanese Massacre sono le infermiere del Laboratorio di Battle out of Hell con un diverso vestito e un diverso attacco a distanza. Insomma, le novità vere e proprie scarseggiano e il sapore dominante è quello sciapo del piatto precotto e riscaldato nel microonde.
Volendo, si potrebbe sorvolare su questi punti, dato che anche nei FPS più moderni e di maggior successo le autentiche novità sono rare. Quel che però non è in alcun caso perdonabile è la cronica assenza di fantasia nel design
architettonico: quasi tutti i livelli di Overdose sono costruiti come una banalissima sfilza di 'stanze' attigue da attraversare una dietro l'altra. L'insieme è più che mai lineare e ripetitivo. Gli arredi e la mobilia cambiano di livello in livello, naturalmente, ma le mappe quasi mai, perciò il player finisce col provare la tediosa sensazione di rivisitare sempre gli stessi posti nonostante il movimento costante, come un criceto in gabbia o un pesce in una boccia di vetro.
Il gameplay è quello tipico della saga: orde di nemici attaccano a testa bassa e il player deve eliminarli tutti prima di passare al livelllo successivo; se i livelli (17 in tutto) sono completati soddisfacendo certi requisiti si guadagnano carte 'Tarocchi Neri' che forniscono vantaggi più o meno utili. La mancanza di equilibrio, però, è sconcertante. Non si capisce perchè tra i primi livelli ce ne sia uno difficilissimo come Dead Marsh mentre quasi tutte le ultime locazioni siano tutto sommato abbastanza agevoli. Irrita in particolare che gli autori per incrementare la difficoltà non abbiano trovato soluzione migliore che aumentare a dismisura il numero dei nemici. In realtà così sono riusciti solo a incrementare la confusione e la conseguente irritazione del player. Ulteriore pollice verso per i troppi bug e i tempi di caricamento indicibilmente lunghi. Tra un livello e l'altro si ha tutto il tempo di gustarsi un cappuccino con annessa brioche!

     Analisi


Domanda: una franchise che punta
programmaticamente a non innovare e a rivolgersi a un pubblico di nostalgici può mantenersi valida pur restando sempre uguale a se stessa?
Risposta: sì, a patto che rispetti gli standard prefissati e soprattutto che il meccanismo funzioni come un orologio.
Non è il caso di
Overdose. Dispiace parlarne male, dato che la saga di Painkiller ispira da sempre genuina simpatia per il suo affettuoso attaccamento a un'idea di 'sparatutto' rozza e datata eppure divertente e vitale, ma è un dato di fatto che il gioco non funziona. L'insieme ha davvero troppe magagne, e anche se ai bug si può porre rimedio con l'apposita patch non c'è cura per i difetti intrinseci del gameplay. La mancanza di equilibrio è esasperante. Si passa senza criterio da livelli paurosamente difficili ad altri che definire una passeggiata è un eufemismo. Inoltre la difficoltà dipende esclusivamente dal numero abnorme di nemici. Forse i programmatori volevano rendere l'azione più frenetica e concitata, ma sono riusciti soltanto a renderla più confusa e disordinata.
Il design dei livelli, molto poco ispirato per quanto riguarda le mappe, finisce con lo stancare assai presto. Alcune locazioni si presentano in maniera promettente e di sicuro differiscono parecchio dagli standard di
Painkiller (si pensi ad Asteroids, nello spazio esterno, o a Haunted Valley, collocata in un'amena foresta simil-disneyana), ma l'interesse svapora quando si è costretti a constatare che, al di là dell'arredo, ci si ritrova ad attraversare una serie di stanze di fatto sempre uguali e ripetute fino allo sfinimento.
Come tradizione di
Painkiller esige, ogni locazione ha i suoi nemici specifici e la varietà estetica è sufficientemente garantita, ma i programmatori hanno talora guardato più alla forma che alla sostanza. Difficile capire perchè, ad esempio, negli Studios ci siano dozzine di tipologie differenti di avversari, visto che tanto attaccano tutti allo stesso modo. Comunque di regola il design dei nemici si limita ad apportare ritocchi e variazioni a modelli già visti nei passati capitoli della saga.
Insomma, da qualunque parte lo si guardi
Overdose non convince e non appassiona. L'ispirazione latitante e la scarsa esperienza dei programmatori (semplici fans, come si è già detto) hanno reso il gioco troppo deficitario perchè trovi adepti anche solo presso chi è in cerca di semplice e decerebrato divertimento a base di fucilate contro mostriciattoli vari. Parlando per simbolismi e parallelismi, se l'originale Painkiller stava ai FPS primigeni come l'ironico Orlando Furioso di Ariosto stava agli antichi serissimi poemi cavallereschi, Overdose è l'equivalente dei Cinque Canti: un parto spompato avulso di armonia e musicalità, in cui non resta che una vaga eco dell'antica passione poetica. Trascurabile.
Il capitolo successivo è
Painkiller: Resurrection.


                   Versioni

  Solo per PC, il gioco va considerato un'espansione stand alone, ovvero non necessita dell'originale Painkiller per funzionare. E' uscito prima autonomamente e poi in cofanetto, allegato agli altri giochi della saga (anche in edicola). Afflitto da diversi bug, per girare decentemente ha bisogno di un'apposita patch scaricabile via web. Anche così, purtroppo, diversi problemi tecnici permangono.

  • Windows PC (2007)
  • incluso nel cofanetto Painkiller Universe/Triple Dose insieme a Painkiller e Painkiller: Battle out of Hell (2008)

  • incluso nel cofanetto Painkiller Pandemonium insieme a Painkiller, Painkiller: Battle out of Hell e Painkiller: Resurrection (2009)
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  • Marco Night Walker" Montericcio            


  • *** Screenshot ***
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