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Baiohazarudo Autobureiku
Biohazard Outbreak, Giappone 2003
Producer: Tsuyoshi Tanaka
Software house: Capcom Production Studio 1
Publisher: Capcom

  

  Culmine ed emblema della crisi dei survival “vecchia formula”.
  Nell’era della 6° generazione di console, trasferitasi la saga principale di
Resident Evil su Nintendo Gamecube, la Capcom idea un nuovo spin-off per la stravenduta PlayStation 2 (la disastrosa serie Survivor viene accantonata senza rimpianti). Nasce così Outbreak, caratterizzato dal multiplayer online. I giocatori sono chiamati a impersonare un pugno di sopravvissuti nella Raccoon City devastata dall’ormai noto compendio di mostruosità (in contemporanea con gli eventi di Resident Evil 2 e Resident Evil 3, anche se i contorni topografici e cronologici di Outbreak rimangono piuttosto incerti).
  Nonostante l’impegno e il budget profusi il risultato lascia assai a desiderare, soprattutto perché la PS2 non é abbastanza potente per gestire un multiplayer scorrevole (leggi: tempi di caricamento infiniti). Anche la modalità single player ha falle in abbondanza. I vari ‘scenari’, del tutto scollegati l’uno dall’altro, riducono i già labili spunti narrativi a mero pretesto e i personaggi, nonostante i tentativi di caratterizzazione (pure nel gameplay, dato che ciascuno possiede talenti specifici), non sono altro che piatti stereotipi. Inoltre il design di mostri e locazioni é privo di elementi di novità e si limita a campare di rendita, ritoccando qua e là senza fantasia le vestigia del passato.
  Difetti non da poco, insomma, ma il difetto per eccellenza é costituito proprio dal gioco in sé, che non funziona mai come dovrebbe: troppo lento, rigido e macchinoso, con personaggi-non-giocanti di una stupidità abissale. La formula classica dei vecchi survival fatta di “characters impacciati + poche armi e ancor meno munizioni + ricerca ossessiva di chiavi e porte da aprire” non é mai sembrata tanto castrante e poco spontanea. Il player ha di continuo la sgradevole sensazione di stare solo, per l’appunto, giocando a un (mediocre) videogioco.
  L’empatia non scatta e la suspense non riesce a montare. Ci si sente pari alla rotella di un ingranaggio arrugginito. Non é sufficiente l’elevata qualità grafica a dare appeal a un titolo in cui tutto ha un sapore artificioso e in definitiva monotono.
  E’ il crepuscolo di un’era. La rivoluzione di
Resident Evil 4 bussa ormai alle porte.

 

Trama:

Outbreak non possiede una vera e propria trama, è costituito da cinque "scenari" indipendenti che in pratica sono variazioni su un unico tema: il tentativo di alcuni cittadini di fuggire da Raccoon City, invasa da zombie e mostri vari.
 

  • 1° scenario, “Contagio” - In un bar i superstiti, fino a quel momento intenti a vivere tranquillamente, scoprono con shock di essere assediati da un esercito di zombie. Dovranno fuggire prima per i tetti e poi attraverso le strade, fino allo scontro finale contro un'enorme orda di morti viventi.
  • 2° scenario, “Sotto zero” - I superstiti in fuga raggiungono i laboratori della Umbrella (già visti in Resident Evil 2) e si fanno largo tra i letali Hunter Alpha nel tentativo di attivare il treno speciale. C'è anche una sottotrama incentrata su una scienziata traditrice della Umbrella, Monica, contagiata dal virus e 'genitrice' di un pauroso mutante che gli eroi devono combattere nella boss-battle conclusiva.
  • 3° scenario, “Alveare” - E’ interamente ambientato nell'ospedale cittadino di Raccoon City, dove i superstiti devono prima sbarazzarsi di una creatura semi-invulnerabile, il Leech Man (variazione dei Leech Zombie di Resident Evil Zero), e poi scappare attraverso fogne infestate.
  • 4° scenario, “Inferno” - I superstiti si muovono per un condominio invaso dalle fiamme e dai pericolosi Licker (vd. Resident Evil 2). Il confronto finale avviene contro una Licker di sesso femminile dotata di lingua micidiale.
  • 5° scenario, “Decisioni, decisioni” - I superstiti agiscono nell'università cittadina dove erano andati in cerca degli ingredienti necessari per la fabbricazione dell'antidoto al Virus-T. Purtroppo per loro il luogo pullula dei soliti zombie, di api gigantesche, Hunter Gamma e, peggiore di tutti, il Thanatos-R, ennesimo esemplare di Tyrant.

    Grafica e gameplay:

      Outbreak utilizza lo stesso graphic engine del remake di Resident Evil per Gamecube, ma con filmati in CGI anziché in tempo reale. Questo significa che durante le sequenze non interattive i personaggi non indossano mai costumi e skin alternativi (una dovizia), trasmettendo una fastidiosa sensazione di incompiutezza.
      La versione europea e quella australiana di
    Outbreak hanno un gameplay castrato in partenza rispetto all’americana e alla giapponese, in quanto la modalità multiplayer è del tutto assente. In compenso rimangono i tipici difetti dell’online, soprattutto i tempi di caricamento intollerabilmente lunghi. Poche cose inducono alla nevrastenia come aspettare un quarto d’ora che una porta si apra e poi dover tornare indietro perché si é dimenticato qualcosa...
      Il giocatore può scegliere tra otto personaggi, ciascuno dotato di talenti esclusivi. C'è Alyssa, giornalista abile coi grimaldelli; c'è Cindy, graziosa cameriera con scorta di erbe curative; c'è David, idraulico a bile nel riparare oggetti e nell'improvvisare armi; c'è George, chirurgo capace di preparare medicine; c'è Jim, abile nell'ingannare i mostri fingendosi morto; c'è Kevin, poliziotto armato con una potente .45; c'è Mark, robusto agente dotato di pistola d'ordinanza; infine c'è Yoko, provvista di zaino che le garantisce un ampio inventario. Ogni personaggio viene infettato dal Virus-T a inizio partita, quindi é necessario completare ogni scenario entro un certo lasso di tempo, prima che l’infezione uccida l’ospite. In modalità
    single player - l’unica, ripeto, disponibile nella versione pal - il personaggio selezionato é accompagnato da due characters controllati dalla CPU. Peccato che costoro abbiano un’intelligenza artificiale pari a zero (sarebbe più opportuno parlare di “idiozia artificiale”...). La loro utilità non va oltre il fare da esca per mostri o lo stivare oggetti, qualsiasi altra azione raggiunge vette di ridicolo involontario sublimi, tipo sparare centinaia di proiettili contro nemici debolissimi -col risultato di ritrovarsi poi a secco quando le cose si fanno serie- o correre stupidamente in tondo come criceti in gabbia.
      Ogni scenario per essere completato richiede le classiche azioni “alla
    Resident Evil (trovare la chiave per la porta successiva, sbloccare specifici interruttori), però Outbreak é molto più contorto e fastidiosamente complicato dei Resident Evil standard. I luoghi rigurgitano di oggetti il cui uso non é immediato, così il player, non sapendo distinguere gli elementi fondamentali da quelli ‘facoltativi’, si ritrova spesso del tutto spaesato e incerto su cosa raccogliere (non aiuta che ogni personaggio abbia a disposizione un inventario di appena quattro slot). I compagni-non-giocanti, per di più, sono talmente imbecilli che non di rado raccattano roba risibile (tipo pietre da scagliare) al posto di munizioni e item curativi ben più preziosi.
    L’intero gameplay di
    Outbreak risulta comunque pochissimo intuitivo, incapace di far comprendere al giocatore, pure se esperto, come districarsi da situazioni cervellotiche. Io stesso conosco di persona players per nulla pivelli che non sono mai riusciti a completare neppure il primo scenario, appunto perché giunti a un certo punto non hanno più capito cosa dovevano fare. Gravissima magagna per una franchise che ha sempre avuto tra i punti di forza l’immediata fruibilità.

       Analisi:

      Dote dei videogiochi é riuscire a stimolare in maniera diversa la sensibilità di ogni giocatore, poiché il player non é chiamato tanto a seguire una trama quanto a vivere personalmente un’avventura simulando azioni in uno spazio virtuale. Da ciò scaturiscono quelle emozioni e reazioni soggettive -ben lontane da una presunta oggettività- che costituiscono lo specifico videoludico. Sfortunatamente ogni regola vuole la sua eccezione. Benché realizzato in maniera dignitosa dal punto di vista tecnico, Resident Evil Outbreak é bollato da chiunque come titolo fallimentare. Oggettivamente.
      Se la serie spin-off
    Survivor era penalizzata a priori da una realizzazione sciattissima, indegna persino di una na franchise di serie C, Outbreak naviga nei lidi della serie A (o perlomeno A2), con budget e fattura di sicuro rispetto. Eppure é uno di quei titoli in cui non funziona quasi nulla. Il multiplayer avrebbe potuto aggiungere un po’ di valore all’opera, ma nella versione pal le sorti poggiano interamente sulla modalità single player, modestissima in tutti i reparti.
      Il tentativo di fornire un’ossatura narrativa ai vari scenari é risibile; peggio che mai, in più di un caso genera incongruenze ciclopiche. Si prenda per esempio lo scenario “Sotto zero”: il subplot di Monica che tradisce la Umbrella per interesse personale, benché ovvio e scontato, era potenzialmente intrigante e avrebbe potuto condurre a un approfondimento del personaggio di Yoko, che Monica dimostra di conoscere bene. Ma Yoko poco dopo viene ‘zombizzata’ (tranne quando é impersonata dal player) e quindi tutto cade nel vuoto. Il fatto che negli scenari successivi altri personaggi-non-giocanti interagiscano con Yoko, sempre in circolazione come se nulla fosse, non fa che sconfessare gli eventi di “Sotto zero”.
    La verità é che i vari abbozzi narrativi sono solo un pretesto, uno specchietto per allodole che mira a illudere il player di stare giocando a un Resident Evil (quasi) come gli altri. Outbreak fa quello che nessun survival horror dovrebbe mai fare, pena l’affondamento: finge una profondità inesistente. Personaggi come Chris Redfield e Jill Valentine non ‘fingevano’, erano characters che sfoggiavano da subito una personalità elementare su cui il player poteva tranquillamente sovrapporre se stesso. Invece characters come Yoko (che dietro l’apparenza di studentessa si rivela una dipendente della Umbrella in fuga), David (ex galeotto dall’animo tormentato) e Alyssa (giornalista rampante disposta a tutto) ‘fingono’, giacché gli eventi che li riguardano restano puntualmente lettera morta, senza ombra di sviluppo.
      La scelta di non aggiungere pressoché nulla di inedito al design di locazioni e creature é un altro fattore penalizzante. Il nuovo engine perfeziona la veste grafica di luoghi e mostri classici, ma non basta rivoltare la frittata per conferirle un nuovo sapore. L’effetto é totalmente diverso da quello che suscita il remake di Resident Evil per Gamecube, basato sullo stesso engine: il REmake dà nuovo appeal a un gioco vecchio facendogli raggiungere l’apice qualitativo sia nella forma che nel contenuto; Outbreak, invece, é puro riporto. Zombie e mostri vari sono solo la lontana eco dei classici che li ispirarono. Se nonostante tutto si prova ancora paura giocando a Outbreak é solo perché una certa cura formale e le qualità residue della formula ‘survivalistica’ impediscono al titolo di essere un fallimento totale, ma il gioco resta una pallida ombra dei Resident Evil che furono.
      Il primo scenario é quello con lo scheletro narrativo meno fragile, ma é anche talmente difficile e poco intuitivo da risultare scoraggiante persino per gli hardcore gamers. Interessante lo
    showdown finale contro l’orda di zombie.
     
    Il secondo scenario é pura routine e non c’è nulla che possa riscattarlo. Fa abbastanza piacere rivedere sotto veste grafica aggiornata i terribili Hunter Alpha del primo Resident Evil, ma in quanto a pericolosità e carisma ogni confronto é improponibile.
     
    Il terzo scenario é penalizzato dal design troppo blando dell’ospedale (ricalcato da quello, anonimo fino al midollo, visto in Resident Evil 3). Qua e là fa capolino una discreta tensione grazie alle continue apparizioni dell’inarrestabile Leech Man.
     
    Il quarto scenario é il più claustrofobico, interamente ambientato in un angusto condominio in preda alle fiamme e ai Licker di Resident Evil 2, però é anche quello che suscita più irritazione nel player dato che le stanze esplorabili risultano per la maggior parte vuote o piene solo di mostri.
      Il quinto scenario, decisamente più lungo e ambizioso degli altri con tanto di finali alternativi, aspira a un’epicità che non raggiunge mai. Non bastano una nuova versione del Tyrant e mostri come se piovessero per alimentare una tensione alla resa dei fatti annacquata da sub-quest noiose e ambientazioni poco ispirate.
     
     Outbreak é la conferma di un teorema. L’horror, uno dei generi più derivativi che esistano (a parte la fantascienza), quando non punta sull’originalità ha assoluto bisogno di suscitare pathos narrativo ed empatia per coinvolgere l’utente. E quando non esistono pathos né empatia e il gameplay si rivela pieno di falle, non possono verificarsi coinvolgimento, né tensione, né ‘divertimento’. Resta solo un banale videogioco, per l’appunto, a base di tasti e levette agitanti una manciata di poligoni su schermo.
      Suo malgrado, un titolo crepuscolare che dichiara l’inaridimento della ‘vecchia formula’ dei survival horror.
      Il capitolo successivo (più un'espansione che un sequel) é
    Resident Evil Outbreak File #2.

    Versioni:

    Il titolo é solo per PlayStation 2. La versione pal dispone della sola modalità single player, senza traccia di online.

    - Sony PlayStation 2 (2004)

    Marco "Night Walker" Montericcio

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