
Breve ma intensissimo visual novel
caratterizzato da tematiche horror-erotiche particolarmente disturbanti e tuttavia toccanti e coinvolgenti a causa della corposa atmosfera
mélo
.
Realizzata da Nitroplus, autorevole software house giapponese specializzata in "romanzi visuali interattivi", è un’opera - rigorosamente riservata agli adulti - dalle caratteristiche insolite anche per gli standard anticonformisti dei suoi autori. Uscito in confezione dimessa senza grandi clamori pubblicitari, di corta durata, pressoché privo di sequenze animate, sgradevole quanto un martello pneumatico nello stomaco,
Saya no Uta
. (“La canzone di Saya”) si è tuttavia imposto come
cult
.“maledetto” anche presso il pubblico occidentale, nonostante l’assenza di edizioni ufficiali al di fuori del Giappone.
La trama rimesta ingredienti tipici del regista Joe D’Amato (vedasi soprattutto il film
Buio Omega) con echi lovecraftiani evocati dai risvolti orrido-mutazionali. Le atmosfere melodrammatiche malate smussano le asperità orrorifiche e al contempo esaltano le pieghe morbose del racconto, rendendo l’insieme turgido, lacerante ed emotivamente sconvolgente. Le parti erotiche sono prive di qualsiasi gratuità
exploitativa
e richiamano alla memoria Buñuel, Boroczyc e Jodorowsky, anche per quanto riguarda l’alone da “sacra blasfemia”, soltanto senza richiami religiosi precisi e senza la grazia dell’ironia. Interazione ai minimi termini, con parecchi dialoghi e descrizioni a corredo di
tableaux intervallati solo occasionalmente da poche (ma decisive) reali possibilità di scelta per il player.
Giocare a Saya no Uta è come tuffarsi in una piscina piena di scorpioni: possibile uscirne vivi, impossibile uscirne illesi.
Trama

La vita del ventenne Sakisaka Fuminori è stata sconvolta da un terribile incidente stradale in cui i suoi genitori sono morti e lui è rimasto traumatizzato. Pur fisicamente guarito dopo lunga degenza, Fuminori ora soffre di "agnosia", un disturbo che impedisce al suo cervello di decifrare correttamente gli input dei cinque sensi. In altre parole, il giovanotto vede, ascolta, tocca, odora e assapora in maniera perfettamente normale, ma il suo cervello stravolge i dati ricevuti dai sensi interpretandoli in maniera del tutto distorta. Quella che Fuminori percepisce è una realtà da incubo in cui gli esseri umani sono orribili mostri, gli ambienti grumi di carne putrefatta, ogni cosa puzza di marciume e ogni cibo ha un sapore disgustoso.
Fuminori è abbastanza lucido da comprendere che quella che la sua mente percepisce non è la realtà, ma per lui rassegnarsi a vivere in un mondo da incubo è impossibile, e purtroppo non esiste cura per il suo stato. Una notte in ospedale, mentre pensa seriamente di suicidarsi, il giovanotto riceve la visita di una ragazzina dall'età apparente di 11-12 anni. La piccola si chiama Saya ed è l'unico essere vivente che ai sensi di Fuminori appare perfettamente normale: minuta, graziosa, con voce dolce. Saya dice di essere la figlia di uno dei chirurghi dell'ospedale, il dottor Ougai, e di vivere praticamente da sola da quando il padre è scomparso senza lasciare traccia. Fuminori prega la ragazza di andare a vivere con lui, giacché lei è la sua unica possibilità di scampo al suicidio o alla follia. Dopo aver riflettuto Saya accetta, ma a una condizione: che Fuminori l'aiuti a ritrovare il padre.
Tornato a casa, il giovanotto si rende conto che per lui è impossibile riprendere la vita di tutti i giorni. Persino gli amici più cari (che non sanno del suo stato e lo giudicano semplicemente "strano") ormai ai suoi occhi non sono che mostri. Solo Saya, che si occupa della casa e della cucina, lo tranquillizza e lo fa stare bene. L'unica cosa strana è che la ragazzina sembra non mangiare mai.
Le ricerche del dottor Ougai intanto si impantanano. L'ospedale rifiuta di fornire informazioni specifiche, dice solo che il medico è stato cacciato in seguito ai suoi "esperimenti poco ortodossi". Su una cosa però tutti concordano: Ougai viveva solo e non ha mai avuto figli...
Grafica e gameplay

Saya no Uta
prevede zero azione e pochissima interazione, anche rispetto agli standard minimali della maggior parte dei
visual novel. Al player non è richiesto altro che cliccare per far scorrere testo e immagini: affabulazione romanzesca – alternanza di prima e terza persona, dialoghi e fitte descrizioni - su
tableaux
in stile animeggiante, occasionalmente pittorici, accompagnati da suggestiva colonna sonora. Mancano sequenze animate, d’altra parte il titolo occupa un solo CD-Rom e non è
high-budget.
Tutti i personaggi sono regolarmente doppiati, mentre di solito il genere prevede che il protagonista rimanga muto (per favorire l’identificazione); il che lascia ulteriormente intendere quanto l’opera sia anomala, con nessun character ad assumere un ruolo privilegiato. L’identificazione (da non confondere con l’empatia per questo o quel personaggio) in
Saya no Uta
è esclusa.
Il player compie autentiche scelte solo in presenza dei "bivi" narrativi, mentre di solito i
visual novel
standard (vd.
Divi-Dead) contemplano menu più elaborati, relativamente affini a quelli degli
adventure games
punta-e-clicca occidentali. Non esistono combattimenti, come è tipico del genere, ma l'eventualità di morire non manca. In effetti, in
Saya no Uta la “morte” è l'unica eventualità contemplata, visto che le tematiche particolarmente crudeli escludono in partenza ogni eventualità di finale positivo. Ciò che differenzia i finali è il grado di negatività.
Ottimo il design di Chuuou Higashiguchi, fortemente “deformed” e quindi capace di evitare derive pseudo-realistiche che renderebbero l’opera troppo pesante e ridicolmente grottesca. Anche la
score
e gli effetti sonori sono eccellenti. Il testo è solo in giapponese, ma fans appassionati hanno provveduto a realizzare una patch in inglese disponibile gratuitamente sul web.
Analisi
Premessa filologica. Urobuchi Gen, lo scrittore di Saya no Uta, è un profondo appassionato di "cinema di genere" italiano. Uno dei tanti. Presso il pubblico del Sol Levante, infatti, i vari spaghetti-western,
giallo-movie e horror all'amatriciana godono da decenni dello status di cult e vantano numerosissimi ammiratori e/o imitatori sfegatati. Il regista Quentin Tarantino non è una mosca bianca, è solo la mosca meglio foraggiata e coccolata dallo
show business.
Non deve perciò meravigliare che dei quattro romanzi visuali concepiti fin qui da Urobuchi per Nitroplus almeno due omaggino esplicitamente gloriose pellicole italiote.
Zoku Satsuriku no Django: Tre donne crudeli
(2007) , sfrenata
western comedy, è una spassosissima e al contempo affettuosa celebrazione dei tòpoi
cari a Sergio Leone e di icone tipo il
Django di Corbucci e il Sartana di svariati B-movies. Invece
Saya no Uta guarda a Dario Argento e all'horror tricolore più crudo, soprattutto ai virulenti parti del seminale Joe D'Amato, alias Aristide Massaccesi. (Per la cronaca, le altre
novel di Urobuchi sono
Phantom of Inferno
del 2000, thriller-action
urbano di cui esiste anche una versione DVD americana purgata delle parti erotiche, e il fantascientifico
Kikokugai: The Cyber Slayer del 2002.)
Il principale modello estetico-narrativo per Saya no Uta
può essere identificato senza sforzi in
Buio Omega (1979), probabilmente il capolavoro horror di Joe D'Amato. Entrambe le opere si configurano come
melodrammi deviati,
espliciti oltre ogni dire e profondamente sconvolgenti nell’esposizione senza reticenze degli elementi ripugnanti che li punteggiano: devisceramenti, cannibalismo, mutilazioni, torture lente e meticolose. Come se non bastasse,
Saya no Uta aggiunge ingredienti ancor più repellenti (pedofilia, violenze sessuali). In ambo i titoli nessun personaggio suscita identificazione, giacché quelli principali si macchiano di azioni a dir poco abominevoli mentre quelli secondari hanno un ruolo troppo marginale - e spesso si comportano scioccamente - per suscitare poco più di una fuggevole simpatia. L’essere umano è ridotto a semplice “pezzo di carne”, carne di cui abusare in tutte le maniere immaginabili (e anche molte non immaginabili!). Il tutto inzuppato in atmosfere così plumbee e opprimenti da rendere le scene di sesso prive di ogni valenza erotica.
L'abuso di elementi disgustosi sarebbe intollerabile, se sia
Buio Omega che
Saya no Uta non facessero leva anche su una melodrammaticità esasperata. La componente
mélo, depurata di qualsiasi possibile melensaggine, ha più funzioni: cauterizza gli elementi horror troppo dilaceranti, sublima la trama donandole un
flavour poetico e solenne, mette tra parentesi le esasperazioni conferendo all’insieme un tono sopra le righe volutamente anti-realistico (lo stesso compito che, in opere consimili, viene svolto dall’ironia). Naturalmente il melodramma si ritrova a sua volta influenzato dalle tematiche crudeli e quindi assume valenze malate e morbose particolarmente originali e coinvolgenti. L’alchimia può dirsi equilibrata al massimo.

Passando a un’analisi critica dei contenuti,
Saya no Uta
si rivela un terreno altrettanto fertile. La malattia che affligge Fuminori e che impedisce al personaggio (e in parte al player) di percepire il reale “com’è veramente” è solo lo spunto di partenza per un’acuta riflessione sul concetto di
realtà. Che ogni persona o creatura viva in una personale concezione del mondo e quindi interpreti la realtà a modo suo è, tutto sommato, un’ovvietà, e se
Saya no Uta si limitasse a una riflessione del genere non andrebbe oltre la scoperta dell’acqua calda. A fare la differenza è il fatto che la
realtà
stessa finisce coll’adattarsi alle singole percezioni.
Fuminori ottiene da Saya esattamente quello che si aspettava dalla ragazzina graziosa e gentile da lui percepita: modi delicati e benevoli, manifestazioni di affetto. Il vicino di casa impazzito vede invece una creatura indifesa di cui abusare. Altri personaggi ottengono quello che indizi e tracce trasudanti orrore preannunciavano, ovvero una morte atroce o un’agonia lenta e dolorosissima.
La “chiave” interpretativa può essere individuata nella decorazione dell’appartamento di Fuminori. Il giovanotto, siccome a causa del danno cerebrale percepisce ogni cosa come grumi di carne purulenta, compresi mobili e pareti di casa propria, prova a lenire il senso di fastidio spennellando l’interno dell’abitazione con varie tinteggiature di vernice. Agli occhi di Fuminori il risultato è stravagante ma senz’altro preferibile all’orrore con cui deve quotidianamente fare i conti; agli occhi dei visitatori è indizio di follia e mostruosità perché quello che vedono è “il rosso del sangue, il marrone della carne marcia, il giallo del grasso, il viola delle interiora”; agli occhi del player, invece, è più che altro un’interessante manifestazione di arte concettuale e informale. A differenza di quanto avviene nel resto del gioco, che adotta di volta in volta la prospettiva visuale del personaggio di turno “adeguando” di conseguenza la raffigurazione della realtà, la decorazione pittorica dell’appartamento non varia. Colori e pennellate rimangono sempre gli stessi, a prescindere dall’identità del personaggio che osserva. Come a dire che non è la realtà a contare ma come ciascuno la interpreta, e che ogni interpretazione (quella di Fuminori, quella dei personaggi normali, quella del player) può dirsi
sostanzialmente vera e adeguata alle esigenze personali.
Ognuno ottiene la realtà che si merita o che è convinto - magari inconsciamente - di meritarsi.

Nel finale più apocalittico Saya no Uta
tocca tematiche più delicate e controverse. La trasformazione di Saya in entità angelica genitrice di prole che plasma a sua immagine e somiglianza l’intera realtà è di fatto una rivisitazione blasfema e distorta del concepimento del Cristo da parte della Madonna. E la “canzone di
Saya” del titolo, modulata all’atto dell’avvenuta consapevolezza di sé, è l’equivalente deviato del
Magnificat o del
Salve Regina.
“Blasfemo, “deviato” e “distorto” in senso lato, s’intende, giacché in
Saya no Uta non esiste Inferno o diavolo, mancano riferimenti religiosi precisi (anche dal punto di vista iconografico), soprattutto manca qualsivoglia concezione di Bene o Male in termini assoluti, anche perché non è chiaro in base a quali parametri andrebbe definita l’assolutezza.
La metamorfosi di Saya è dovuta esclusivamente all’amore, un amore a modo suo purissimo e sublime, solo non compatibile con la percezione che la maggior parte degli uomini ha della realtà (?). Per usare le parole di Dario Fo (Mistero buffo), è “la più grande bestemmia mai udita in una rappresentazione sacra”. Naturalmente dopo la trasformazione del mondo intero distinguere tra “questa” o “quella” realtà ha ancor meno senso, dato che come insegna lo scrittore Richard Matheson (Io sono leggenda) in un mondo in cui tutti sono mostruosi, il vero mostro effettivo è l’unico “normale”.
Conclusione: la realtà è instabile e plasmabile come un
visual novel dagli snodi narrativi multipli, e la migliore storia horror è quella in grado di convincerci che i mostri siamo noi.
Versioni
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Il gioco è uscito esclusivamente in Giappone ed è soltanto per PC (nulla di cui stupirsi, vista l'enorme quantità di efferatezze e pornografia). Per funzionare sui computer occidentali necessita di Windows Vista oppure di una versione giapponese di Windows 98/2000/Me/XP.
Nel 2009 un gruppo di fans ha diffuso una patch gratuita che traduce in inglese i testi originali.
Vers. solo giapponese per Windows PC (2003) |
Marco "Night Walker" Montericcio
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Screenshot
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- 800 x 600 -
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Wallpaper
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- 1280 x 960 -
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