*  JeMM Edizioni -  Via E. Barigozzi 2, 20138 MILANO  *



 

 

Id., Giappone 2001
Software house: Team Silent (Konami)
Publisher: Konami
Designer: Masashi Tsuboyama
Compositore: Akira Yamaoka


 
 

 Successore di Silent Hill con cui non ha punti di contatto narrativi, né topografici (la pianta della città non è la stessa), né tematici.
Avendo Keiichiro Toyama, il responsabile del capostipite, lasciato la Konami, i nuovi autori del Team Silent elaborano un
sistema e un progetto molto diversi. Per quanto riguarda il "sistema", la grafica viene potenziata dato che stavolta il gioco è per console di 6° generazione, mentre il gameplay si incentra sull’uso quasi esclusivo di armi da fuoco, sugli indovinelli cervellotici e su ritmi lenti e solenni, laddove il titolo precedente possedeva più equilibrio nella gestione di armi e combattimenti e un andamento più concitato.
  Il "progetto" conosce una mutazione ancor più radicale. Non resta traccia della volontà di Toyama di affrontare generi classici (l'horror e il melò) per poi ribaltarli dall'interno in modo da metterne a nudo l'artificiosità, pur serbando la nostalgia per il “mito”. Stavolta i generi sono accolti a braccia aperte, al limite aggiornati ma con la piena accettazione della loro struttura classica che anzi risulta potenziata in maniera esponenziale. 'Puro' orrore e 'puro' melodramma si intrecciano così a formare un'opera tipicamente nazionalpopolare, dove per "popolare" si intende la capacità di raggiungere il vasto pubblico facendo leva sulle corde emotive giuste e sugli ingredienti che, dai tempi dei feuilleton ottocenteschi, si rivelano di maggior presa: personaggi fortemente caratterizzati che seguono i dettami del sentimento e che rendono possibili identificazione e transfert, con catarsi finale.
  Non a caso
Silent Hill 2 si rivela il maggior successo commerciale della franchise, nonché il capitolo più amato dai fans e dal pubblico femminile. Anche troppo amato, disgraziatamente, dato che ha finito per costituire l'indice di tutta la saga, la pietra di paragone per i titoli passati e futuri che da quel momento in poi sono stati valutati e apprezzati nella misura in cui somigliavano all'ingombrante modello.
  Quest'amore appassionato -e purtroppo cieco- ha fatto dimenticare che la saga di
Silent Hill non è mai stata stilisticamente omogenea come quella di Resident Evil e che la struttura ludico-narrativa di Silent Hill 2, per quanto solida avvincente e coinvolgente, è assolutamente rétro, basata su modelli melodrammatici vecchio stampo.
  Un classico, senza dubbio, ma che preferisce celebrare il passato anziché guardare al futuro.


   Trama:

  Per completezza vengono esposte sia la trama del gioco principale ("Letter from silent heaven") che quella del sub-scenario "Born form a wish", presente solo nelle versioni Director's Cut e Inner Fears.
 "Letter from silent heaven" - James Sunderland riceve una lettera firmata della moglie Mary in cui la donna dice al marito che lo aspetta a Silent Hill, nel loro "posto speciale". La lettera è uno shock per l'uomo, dato che Mary è deceduta tre anni prima in seguito a una grave malattia, tuttavia James decide ugualmente di andare nella cittadina abbandonata in cerca della consorte.  

Dopo aver incrociato nel cimitero Angela, una ragazza emotivamente instabile sulle tracce della madre, James raggiunge Silent Hill e scopre che è invasa da creature mostruose e letali.
  Rifugiatosi in un condominio, l'uomo incontra un altro visitatore venuto da fuori, Eddie, ragazzo grasso e psichicamente disturbato. James incontra malauguratamente anche un essere umanoide con un'enorme piramide rossa al posto della testa; costui è invulnerabile e si trascina dietro una lama gigantesca capace di uccidere all'istante.
  Fuggito dal condominio dopo un quasi impossibile confronto con la "Pyramid Head", James raggiunge il parco della città dove incontra Maria, donna pressoché identica alla moglie Mary ma molto più sexy e disinibita. I due si mettono sulle tracce di una bambina di nome Laura, che qua e là ha fatto capolino lungo il viaggio di James, e la inseguono fin dentro un ospedale, anch'esso rigurgitante di mostri. Da lì la ricerca si farà sempre più intricata.
  "Born from a wish" - Breve sub-scenario incentrato sul personaggio di Maria, prima che questa incontri James. La ragazza, rimasta sola nel locale di strip-tease in cui lavorava, é incerta sul da farsi. Procuratasi un’arma, sceglie di affrontare i mostri per le strade finché non raggiunge una casa interessante. Qui fa conoscenza col proprietario Ernest Baldwin, che peraltro resta ‘fuori campo’ e si limita a parlare a distanza evitando di mostrarsi personalmente. Su richiesta di Adam Maria si ritroverà a eseguire una missione piuttosto pericolosa...

  Grafica e gameplay:


  La grafica é obbligatoriamente migliore di quella del primo Silent Hill, visto che il titolo é per console di 6^ generazione, però anche a distanza di anni risulta parecchio efficace. A metà tra il realistico e il levigato, riesce a trasmettere sia quotidianità che ipnotico fascino visuale, senza gli eccessi flamboyant in cui sarebbe incappato il sequel Silent Hill 3. Assai ficcante il design dei mostri, entrati tutti nella schiera dei classici. Spicca in particolare l’invulnerabile creatura che trascina un colossale coltello e al posto della testa sfoggia un’enorme piramide rossa.
  Il gameplay é in linea col predecessore, ma manca un po’ di equilibrio. Le armi bianche di fatto servono solo a fare numero e l’unica maniera sensata di combattere é sparare sparare sparare. Logicamente la cosa alla lunga tende a farsi monotona, anche perché i nemici appartengono a tre sole macrocategorie ripetute
ad nauseam: esseri umanoidi senza braccia che sputano acido, manichini che sferrano calci, infermiere mostruose armate di tubi d’acciaio.
  E’ peraltro vero che
Silent Hill 2 resta uno dei pochi videogiochi cui si é disposti a perdonare quasi tutto: l’intensità della trama e del melodramma smussa le asperità tecniche. I dettagli tipici del primo Silent Hill, come la torcia per vedere al buio, la radio che segnala la presenza di mostri e l’incedere ‘goffo’ del protagonista ( uomo normale contrapposto ai soldati di Resident Evil ) tornano più o meno immutati.
  Anche la colonna sonora di Akira Yamaoka, ora avvolgente, ora solenne e ora disturbante, è da tempo diventata un classico.

    Analisi

         Silent Hill 2  è, sostanzialmente, una rivisitazione del mito di Orfeo ed Euridice. Non è facile stabilire se ciò nasca da una scelta consapevole oppure sia frutto di una coincidenza. Il Team Silent, giapponese, si appoggia a un background culturale diverso da quello occidentale, quindi la seconda ipotesi appare più probabile, però è anche vero che in epoca odierna le barriere culturali si sono fatte più sottili e che il mito di Orfeo è uno dei più antichi, diffusi e consolidati di sempre. Antecedente l'epoca della religione greca classica, durante il periodo ellenistico se ne trovano le tracce più rilevanti in Platone (Simposio) e Apollonio Rodio (Argonautica). Secondo le prime anonime versioni, a Orfeo e alla sua delusione amorosa va addirittura attribuita “l’invenzione” dell’omosessualità maschile, che avrebbe poi condotto il cantore tracio alla morte per mano di donne furibonde perché trascurate dai mariti. La variante meno scabrosa che vuole Orfeo ucciso da un gruppo di Baccanti ubriache è assai più tarda, il primo scrittore a farne cenno è Virgilio nelle Georgiche.
  Le cause precise della morte di Orfeo hanno, tuttavia, poca importanza. Come insegna Vladimir Propp (
Morfologia della fiaba ) per comprendere la nuda struttura di una storia, ovvero la sua essenza, bisogna guardare non a personaggi, oggetti e dettagli, che sono sempre intercambiabili, ma alla situazione, o meglio all’archetipo narrativo. La "situazione" di Silent Hill 2 può essere condensata in una semplice frase: “un uomo va in un luogo infernale nel tentativo di ricongiungersi con la moglie defunta”. Punto. Che James per aprirsi una strada faccia uso di pistola e fucile anziché di cetra e canzoni non fa differenza. L’archetipo resta quello, ricalcato pari pari dal Mito.
  Propp insegna anche dell’altro: il modello narrativo insuffla nell’opera tutto il suo vigore poetico-simbolico, che finisce sempre col risultare prevalente sul contesto. Quando, come in
Silent Hill 2, l’archetipo è addirittura un Mito, pregno di significati e poesia fino al midollo, il risultato finale non può che intrigare per definizione. Naturalmente il Mito da solo non basterebbe a realizzare un capolavoro se l’opera non disponesse di una “forma” e di una cifra stilistica adeguate. Il merito del Team Silent è aver adottato per Silent Hill 2 la mediazione più idonea al mito di Orfeo, ovvero il melodramma.
 “Melodramma” va inteso nel senso classico del termine: personaggi complessi con cui identificarsi che danno voce ed enfasi al sentimento (a discapito della razionalità) immersi in atmosfere turgide e ricche di contrasti. Che il mito di Orfeo ed Euridice si confaccia in maniera particolare al contesto lirico-teatrale non è certo una novità. La prima opera lirica mai realizzata è l’
Euridice di Rinuccini e Peri (1600), e nel corso dei secoli l’argomento è stato musicalmente sviscerato dozzine di volte, spesso con esiti strepitosi, basti pensare a L’Orfeo di Monteverdi, alle due versioni di Gluck, al poema sinfonico di Liszt, all'operetta comica Orfeo all'inferno di Offenbach, al balletto di Stravinskij, fino ad arrivare all’opera-rock settantiana Orfeo 9 di Tito Schipa jr.
  Già l’incipit di
Silent Hill 2 è significativo. Il protagonista James, ripreso in primo piano, fa delle intense smorfie mentre si osserva lungamente in uno specchio, al punto da dare l’impressione che si stia preparando ad affrontare qualcuno, poi la visuale si allarga e scopriamo che si trova in un bagno pubblico deserto e in rovina. La sequenza da un lato ha valore simbolico (James dovrà guardare "dentro di sé” per sciogliere il mistero che lo opprime), dall’altro fornisce la chiave stilistica dell’intera opera: il protagonista si muove e si agita come un attore sotto i riflettori, solitario in teoria ma in pratica rivolto a un pubblico di impliciti spettatori, per cui ogni suo gesto e ogni sua parola sono calcolati e volutamente enfatizzati. L’impressione iniziale è confermata dalla sequenza successiva in cui James, uscito dal bagno, si lancia in un monologo dove rievoca il passato felice con la moglie e manifesta i dubbi sulla sua situazione attuale. Caso unico tra tutti i protagonisti dei vari Silent Hill, l’esternazione non è affidata alle sole didascalie ma accompagnata dalla voce vera e propria del personaggio.
  Da lì in poi la struttura narrativa si mantiene sui binari del melodramma. Ogni personaggio nell’atto di parlare enfatizza gesti e sentimenti e viene spesso presentato in scenari simili a palcoscenici (il grande cimitero abbandonato, il parco placido e nebbioso, la sala d’albergo dove la bambina si presenta suonando il pianoforte, le “arene” in cui si svolgono le boss-battle...). La colonna sonora molto suggestiva, quasi una partitura di "musica da camera", è sempre lesta a sottolineare l’emotività dei passaggi più incisivi. Tutto è teatrale, persino il comportamento dei mostri: il primo Mannequin balza in piedi e attacca non appena la luce della torcia lo investe, la creatura dalla testa a piramide si profonde in gesti bizzarri quando ritiene di essere spiata.
  Per fortuna in
Silent Hill 2 non ci sono gli eccessi e gli squilibri che si associano abitualmente al termine “melodrammatico” quando usato in senso spregiativo. L’opera infatti procede per ellissi, si focalizza sulle premesse e le conseguenze (non necessariamente in quest’ordine) evitando il più possibile di mostrare i “fatti”. La rivelazione su Mary viene affidata a pochi muti fotogrammi, mentre per gli altri personaggi la verità resta sottaciuta.
  E’ quasi inutile analizzare nei dettagli i risvolti di
Silent Hill 2. A differenza degli altri videogiochi della franchise, qui tutto è chiarissimo. Metafore e simboli appaiono limpidi già a una prima lettura: Maria è come il protagonista avrebbe desiderato fosse Mary (più sexy e più sana), i mostri rimandano a lati d’ombra della personalità di James (i Mannequin rappresentano il rimorso, i consunti Lying Figure che sputano acido l’ossessione della malattia) e via di questo passo. Sicuramente il successo commerciale è dovuto anche all’immediatezza di lettura, gratificante per il player-medio che si ritrova immerso in un’opera densa di immagini poetiche senza tuttavia che queste appaiano eccessivamente criptiche o intellettuali. Il meccanismo, studiato fino all’ultimo ingranaggio, scorre liscio grazie a pezzi che combaciano senza bisogno di olio lubrificante. Tutto si incastra al suono di un semplice ‘clic’ (forse il clic del pulsante del pad). L’empatia col protagonista viene rafforzata dal fatto che i lati meno nobili della sua complessa personalità si incarnano sotto forma di mostri. Infatti se i mostri sono ‘fuori’ di lui significa che non sono ‘dentro’ di lui, perciò James conserva un alone di innocenza e bontà interiore che si consolida ulteriormente dato che lui i ‘suoi’ mostri li combatte.
  La perfetta alchimia infonde un notevole vigore persino a luoghi comuni che, in altro contesto, risulterebbero logori e risaputi. E’ il caso del triangolo James-Mary-Maria. Nel melodramma classico lo schema del ‘triangolo amoroso’ é quanto di più banale si possa concepire, ma in
Silent Hill 2 brilla di poesia e persino di interessanti simbolismi sulla scia del mito di Orfeo. Maria sembra una sorta di moderna Baccante (invece di celebrare riti orgiastici fa la spogliarellista) fascinosa e letale al tempo stesso.
  Terminato l’elenco dei pregi, tocca alle legittime perplessità. Nonostante l’altissima resa estetica e figurativa,
Silent Hill 2 mantiene diversi potenziali difetti. “Potenziali” perché presenti non tanto nel gioco in sé quanto nella filosofia alla sua base. Innanzitutto, dal punto di vista delle riflessioni conclusive (quello che si potrebbe chiamare “il messaggio”), l’opera non si differenzia granché da una qualsiasi versione del mito di Orfeo ed Euridice: sfogliati i numerosi strati di simbolismi aulici, tutto si riduce al classico “ciò che é morto non può tornare”. Il primo e il quarto capitolo di Silent Hill sono forse meno poetici del ‘collega’, ma anche meno evasivi e d’evasione, più sfumati e stimolanti dal punto di vista intellettuale.
  D’altra parte la caratteristica principale di
Silent Hill 2 é l’utilizzo di melodramma e horror nelle forme più ‘pure’ e classiche, quindi anche nei contenuti l’opera é obbligata a muoversi su piste già battute. Il titolo resta artisticamente notevolissimo, ma il rischio é quello di perseguire l’arte per l’arte, é quello del decadentismo e del dannunzianesimo, ovvero uno scollamento tra “arte” e “realtà” dove per realtà si intende sia l’apparato interattivo della macchina-videogioco (che infatti per i fans di Silent Hill 2 passa in assoluto secondo piano rispetto alla ‘trama’) sia la capacità di rispecchiare adeguatamente la coscienza e la sensibilità moderne, piene di incertezze e anti-esteticità. Dopotutto persino la forma musicale del melodramma é dovuta passare nel ‘900 attraverso la dodecafonia, artificiosa e persino dissonante, e tuttavia storicamente necessaria, al punto che tutti i compositori negli anni '50 e '60 si sentirono obbligati a farne uso. Silent Hill 2 racconta in maniera aulica una bella e triste storia, ma sono davvero le “belle e tristi storie” a rappresentare l’essenza nostra e della società attuale? O non lo sono piuttosto lo svuotamento delle convenzioni operato dal primo Silent Hill e le immagini cerebrali prive di mediazione che compongono il quarto?
  Dubbi ontologici a parte,
Silent Hill 2 resta un modello perfetto di melodramma puro applicato al survival horror, forse irripetibile. Il successivo fallimentare Silent Hill 3 é la dimostrazione della difficoltà della ricetta. Il sequel, infatti, tenta di replicare la formula vincente del predecessore ma non fa che cascare in una sfilza di trappole micidiali, a cominciare dalla scelta di enfatizzare gli “eventi” anziché procedere per ellissi e sottolineare cause ed effetti. Inoltre l’archetipo narrativo non é il Mito ma il rape-&-revenge, genere exploitativo per eccellenza, senza però neanche l’ombra della virulenza e della trasgressione tipiche della vera exploitation. I fatti, tutti esasperati in maniera feuilletonesca, galleggiano in mezzo al vuoto: vuoto di sottotrame e sottotesti, di spessore psicologico dei personaggi, di atmosfere che non siano semplice terrore ‘fisico’. Insomma, un’opera “melodrammatica” nel senso peggiore del termine. Repetita non iuvant.

  Versioni

   Le versioni di
Silent Hill 2 sono piuttosto differenziate. Quella standard per PlayStation 2 é caratterizzata dalla confezione in box-cofanetto che contiene anche un secondo dvd con filmati e presentazioni di giochi Konami. La Director’s Cut (PlayStation 2), uscita direttamente nella collana Platinum (il best-of dei videogiochi per console Sony), contiene un finale-extra più il sub-scenario Born From a Wish”, mentre manca il dvd aggiuntivo. Le versioni per Xbox e PC sono sostanzialmente identiche alla Director’s Cut, solo con una grafica lievemente più rifinita. Quella contenuta nel cofanetto Collection é la versione standard, senza extra né sub-scenario.

 

 

 

- Sony PlayStation2 (2001)

- Director's Cut per Sony PlayStation 2 (2002)

- Director's Cut per Windows PC (2002)

- Inner Fears per Microsoft Xbox (2002)

- versione standard inclusa nel cofanetto Silent Hill Collection per Sony PlayStation 2 (2006)

 

  

 Marco "Night Walker" Montericcio                            

 

***    Wallpaper   ***