Il terzo capitolo della franchise della Collina Silente é un sequel del primo
Silent Hill. Gli eventi di
Silent Hill 2 vengono bypassati e i creativi del Team Silent riprendono le fila della vicenda di Harry Mason ambientandole a oltre quindici anni di distanza.

Il gameplay ricalca quello dell’immediato predecessore e lo affina, rendendolo più efficace. Ora le armi bianche si rivelano molto più utili che in passato, il personaggio principale (una ragazza adolescente) é dotato di adeguate capacità combattive, e ambienti e mostri offrono quella varietà che a
Silent Hill 2
mancava. Anche la grafica risulta migliorata di parecchio, così come la capacità di accumulare gradualmente tensione per farla deflagrare in corposi botti di brivido.
C’è tutto, tranne la cosa più importante: un intreccio degno di questo nome. So che mi inimicherò molte persone con questo giudizio, ma
Silent Hill 3
a mio parere é il capitolo più fiacco della saga, un titolo che conosce la sua meta (dare una degna conclusione agli eventi del primo capitolo) ma non la direzione per raggiungerla, capace solo di accatastare twist e balzi dalla sedia per pura volontà di accumulo, con personaggi a una (ma anche meno) dimensione. Certamente la realizzazione tecnica resta di altissimo livello, visto che la classe del Team Silent non é acqua, e se la stessa opera fosse uscita con un altro titolo il voto sarebbe stato superiore. Purtroppo il plot più esile della carta velina e la totale assenza di un ‘tema forte’ che dia anima al body ludico-narrativo rendono l’insieme vacuo, superficiale e ripetitivo. I cascami parareligiosi e lo spleen un po’ adolescenziale, un po’ misterico e un po’ sovrannaturale fingono una profondità in realtà inesistente. Nel più benevolo del casi
Silent Hill 3 si limita a seguire le coordinate del
rape & revenge, il più exploitativo e meccanico di tutti i generi, lontano millenni-luce dalla stratificazione di significati e significanti cui la franchise ha abituato il player.
Un caso esemplare di sequel inferiore al prototipo, dove i medesimi ingredienti, in apparenza serviti alla maniera originaria, risultano invece annacquati.
Trama:
Heather, graziosa e pepata adolescente, si ritrova inspiegabilmente in un luna park infestato da mostri. Nel tentativo di fuggire muore, indi... si risveglia di soprassalto nel fast-food di un centro commerciale: è stato tutto un sogno. Dopo aver conversato col padre al telefono la ragazza viene avvicinata da Douglas, detective di mezza età che dice di avere qualcosa da rivelarle sulla sua nascita. Heather rifiuta di ascoltare l'uomo, si infila in un bagno pubblico per seminarlo e rientra nel centro commerciale passando per altra via. Scopre però che il luogo si è riempito di mostri abominevoli, e stavolta non si tratta di un sogno. Una donna misteriosa di nome Claudia fa discorsi sibillini alla ragazza sul fatto che "i mostri sono arrivati per assistere al Paradiso spogliato dell'umanità", dopodiché sparisce lasciando Heather a cercare una via di fuga da sola. Quando il centro commerciale ritorna come prima Heather rivede Douglas, che però sembra capirci meno di lei. La giovane decide di tornare a casa dal padre, ma il viaggio si rivelerà difficilissimo giacché i vari luoghi da lei attraversati si trasformeranno uno dopo l’altro in abomini pullulanti di mostri.
A casa, Heather scopre con shock la sorte del padre (Harry Mason, il protagonista del primo capitolo della franchise). Responsabile è Claudia, che sfida Heather a raggiungerla là dove è cominciato tutto, nella città di Silent Hill. Douglas, che era stato sfruttato dalla donna per ritrovare Heather, decide di aiutare la ragazza. Nella città maledetta Heather va all'ospedale a cercare Leonard Wolf, padre di Claudia, sperando di ottenere informazioni, ma i risultati non sono quelli desiderati. La ricerca prosegue al luna park, dove Douglas viene ferito da Claudia, e infine nella Chiesa del Culto di Silent Hill. Qui avverrà il confronto finale e Heather scoprirà la terribile verità su se stessa e sul "Dio" adorato dai cultisti, in apparenza ucciso da Harry Mason anni prima ma in realtà pronto a risorgere…

Grafica e gameplay:
Il gameplay è una versione ritoccata e migliorata di quello già visto in
Silent Hill 2.
Tuttavia, mentre certe caratteristiche risultano perfezionate, altre cominciano a mostrare segni di logoramento, forse inevitabili. Come combattente Heather, pur mantenendo l'aura di "persona qualunque", è decisamente più efficace di James Sunderland. Possiede una discreta agilità che le permette di affrontare i nemici senza eccessivi patemi, ciò è un'ottima cosa anche perché il tasso di difficoltà di Silent Hill 3 è ben superiore a quello di
Silent Hill 2. Heather è anche in grado di parare gli attacchi e le armi a sua disposizione sono variegate e assai differenziate, ciascuna con le sue doti e i suoi difetti. Appare un po' bislacca solo la decisione di farle impugnare pure un mitragliatore Uzi (che poco si accorda col taglio realistico della saga), ma alla resa dei conti l'arma non incide in maniera sensibile sul gameplay. I mostri, molto più vari che in passato, richiedono strategie e oculatezza.
Invece il tratto distintivo della radio portatile (il cui rumore statico segnala la presenza di nemici) perde qualsiasi senso e diventa uno degli elementi logori di cui sopra. Visto che la colonna sonora cambia drasticamente quando si mette piede in un'area popolata da mostri, la radio risulta totalmente inutile. Anche l'alternanza delle locazioni non è molto convincente: ogni volta che si visita una nuova area, si può stare certi che poco più avanti la stessa area si presenterà "trasfigurata" dal potere malefico di Silent Hill. La successione è talmente prevedibile che finisce con l'annacquare la tensione. Idem per i boss-di-fine-livello, ogni locazione ne possiede uno puntuale come la morte e le tasse. La loro apparizione è troppo ovvia e meccanica e alla lunga suscita l'impressione di stare solo, per l'appunto, giocando a un videogioco.
La grafica particolarmente rifinita costituisce tuttora, a detta di molti fans, il vertice della serie. Va detto però che tende a eccedere nel
flamboyant,
con rifiniture e patinature a tutto spiano. La colonna sonora di Akira Yamaoka è, al solito, da antologia. Peccato che calchi troppo la mano su certo
teen-rock
adolescenziale (un po' modaiolo) col rischio di sfociare nel
kitsch.
Analisi
Che molti survival si reggano su trame deboli e per nulla originali, poco importa. L’horror non necessita di innovazione a tutti i costi per funzionare, anzi sovente si é rivelato più efficace quando ha saputo rimescolare carte vecchie. Ciò é ancor più vero per i videogiochi che per altri
media,
in quanto la funzione primaria dei videogame non é raccontare storie bensì offrire la possibilità di
vivere personalmente
l’avventura (e la paura) simulando azioni in uno spazio virtuale. L’importante é che ci siano pathos, atmosfera e un gameplay solido con cui personalizzare al meglio l’esperienza. Per questa ragione un titolo come il primo
Resident Evil,
pur dotato di soggetto esile e personaggi stereotipati, funziona a meraviglia: sono giocabilità, regia e l’impalcatura visiva e sonora ad alimentare il pathos.
Allora come mai
Silent Hill 3
non funziona altrettanto bene? Sostanzialmente perché inganna il player con un incipit denso di promesse poi nient’affatto mantenute. L’inizio di
Silent Hill 3
- Heather che si risveglia da un incubo, l’approccio da parte del detective che dice di conoscere segreti sulla nascita della ragazza, la comparsa inspiegabile dei mostri, gli avvertimenti enigmatici della misteriosa Claudia...- é fatto di semi gettati su terra sterile. La storia non decolla mai e sembra perennemente sul punto di ricominciare da capo. Per tutta la prima metà del gioco lo scopo di Heather (e del player) resta uno solo: tornare a casa. Ogni volta che la locazione cambia il giocatore ha la straniante sensazione che tutto quel che é accaduto fino a quel momento sia stato solo un ‘prologo’ e che la vera storia debba ancora iniziare. Solo che il prologo in realtà non finisce mai! Quando Heather raggiunge finalmente casa e va incontro al cruciale twist -peraltro telefonatissimo- la vicenda ha un colpo di reni e il player arriva a sperare che il vivo del plot sia cominciato sul serio (ma siamo a metà gioco!). Speranza delusa: Heather non fa altro che visitare inutilmente nuove locazioni in una sorta di raffazzonatissima indagine investigativa, rimandando di continuo il confronto con il suo passato e la sua nemesi. Una trama del genere é peggio che esile, é al limite della non-esistenza. Tanta vacuità finisce inevitabilmente col far cadere piatti anche i vari colpetti di scena disseminati qua e là, e al player non resta che accontentarsi del mero terrore ‘fisico’ suscitato dal pauroso design di luoghi e mostri e dai combattimenti sul filo del rasoio.
Non meno vacui sono i tentativi di caratterizzazione dei personaggi. Qui non c’è traccia della complessità psicologica di
Silent Hill 2, né dell’apparente ordinarietà (che in quel caso non faceva rima con banalità) del primo
Silent Hill mirante a mettere in risalto la straordinarietà della situazione e la conseguente inadeguatezza dei protagonisti. I character di
Silent Hill 3
sono invece del tipo ‘vorrei ma non posso’: vorrebbero aspirare a una certa profondità, ma restano in superficie e non si scollano dai modelli di partenza, assai di maniera (l’adolescente indisponente, la religiosa fanatica, il detective vissuto e disilluso...). I tentativi di introspezione sono destinati al fallimento visto che seguono il canovaccio melodrammatico (pure di maniera) secondo cui basterebbe la sfiga a rendere il personaggio più complesso e interessante. Naturalmente così non é, perciò i character rimangono banali. Heather in fondo non è altro che una comune adolescente con le paturnie; le complicazioni legate alla sua origine dovrebbero arricchirne la personalità ma restano esteriori. Claudia aspira a chissà quale tragicità col suo passato doloroso e le sue ossessioni, ma il confronto con Dahlia del primo
Silent Hill -su cui evidentemente é modellata- la tritura e la annichilisce. Il più sconcertante di tutti é Vincent, che pare creato dagli autori col solo scopo di piazzare un terzo incomodo, più ambiguo, nell’altrimenti scontato binomio Heather-Claudia (‘buona’ versus ‘cattiva’); purtroppo il personaggio non ha alcun ruolo preciso nell’economia della trama e si limita a snocciolare frasi fatte spacciate per alta filosofia.
Funziona meglio il detective Douglas, che in un contesto meno banale avrebbe potuto assurgere a uno spessore simbolico e metaforico qui appena accennato. Questo curioso tipo di investigatore privato, che anziché indagare e fare domande si preoccupa di proteggere e dare risposte, é di fatto una sorta di ‘padre vicario’ per Heather. E il tema della paternità -o meglio: del rapporto padre-figlia- percorre sottotraccia gran parte di
Silent Hill 3. Douglas é una sintesi tra due estremi, il padre ‘buono’ Harry Mason e il padre ‘cattivo’ Leonard Wolf (che rimanda all’archetipo del padre-padrone). Da questo punto di vista appare lodevole la scelta degli autori di non risolvere la conflittualità padre-figlia in maniera banalmente consolatoria. Emblematica é la sequenza in cui Heather e Douglas conversano mentre sono diretti a Silent Hill. Tra i due scorre una tensione sottile, ben percepibile da parte del player, dovuta al fatto che
sembrano
sul punto di confidarsi l’uno con l’altra, ma in realtà non lo fanno. Il gap (non solo generazionale) tra la figura paterna e la figura filiale resta. E’ come se gli autori suggerissero che gli affetti da soli non bastano ad avvicinare due mondi diversi.

Ma non é il caso di costruire troppi castelli speculativi in aria.
Silent Hill 3 resta un terreno che dà molte erbacce appariscenti e poco frutto, e invero la tematica di cui sopra viene solo accennata e mai approfondita. Lo prova il fatto che la seconda parte del gioco si risolve in un
simil rape-&-revenge (okay, Heather non viene propriamente ‘violentata’, ma il concetto resta quello). Gli spunti di approfondimento impallidiscono e il gioco non fa altro che battere ossessivamente sullo stesso chiodo: occhio per occhio, vendetta per i torti subiti. Qui
Silent Hill 3
barcolla davvero sull’orlo dell’exploitation
più ovvia e meccanica, anche se poi ancora una volta non segue la strada tracciata fino in fondo. Peccato che ciò avvenga per le ragioni sbagliate, ovvero per motivi terribilmente
politically correct
(mentre la vera
exploitation
é scorrettissima per definizione). Abbiamo così un faccia a faccia conclusivo che lascia un sapore sciapo in bocca, giacché l’eroina non si macchia del sangue del nemico e in pratica provvede il fato a punire la malvagità. Così c’è pure la morale!...
No, decisamente troppe cose non vanno in questo titolo più fumo che arrosto. Non convince granché neppure l’esasperata autoreferenzialità (il sogno iniziale che rimanda all’incipit di
Silent Hill, il boss che può provocare morte istantanea, le strade della città maledetta copiate in carta carbone da
Silent Hill 2...). Esistono videogiochi tipo
Resident Evil
CODE:
Veronica in cui il citazionismo ha la funzione di arricchire un plot già corposo di suo, qui invece sembra piuttosto una toppa per celare la scarsa convinzione. O meglio: la convinzione di avere vuoti da riempire tra le mani.
Certamente i giocatori di bocca buona si divertiranno ugualmente con i combattimenti ben serviti dall’efficace gameplay e con i sobbalzi di terrore suscitati dagli escamotage visivi e sonori, ma ciò equivale a un viaggio in una qualsiasi ‘casa dei fantasmi’ da luna park (guarda caso, in
Silent Hill 3 é presente appunto una casa del genere: inconscia dichiarazione d’intenti?), luogo che non richiede riflessione ma unicamente consumo. Intendiamoci, l’horror può essere benissimo anche questo, a patto che non millanti una complessità e uno spessore alla prova dei fatti inconsistenti. Tale circostanza soffoca la passione per l’arte, la passione per la storia, la passione per i personaggi, persino la passione per l’horror, e a quel punto soldi e impegno investiti dal player non diventano il prezzo del piacere attraverso l’inganno ma l’esatto contrario.
Versioni
Non esistono differenze di rilievo tra la versione PlayStation 2 e la versione PC. Gli utenti PlayStation possono godere di un maggior numero di costumi extra, ma si tratta solo di versioni rivedute e corrette della stessa maglietta base (con loghi a raffica di riviste dedicate alla console Sony! A proposito di pubblicità invasiva…).
- Sony PlayStation 2 (2003)
- Windows PC (2003)
- incluso nel cofanetto Silent Hill Collection per Sony PlayStation 2 (2006)
Marco "Night Walker" Montericcio
*** Screenshot ***
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