*  JeMM Edizioni -  Via E. Barigozzi 2, 20138 MILANO  *




 
 

Id., Giappone/GB 2007
Software House: Climax Studios (Konami)
Publisher: Konami

 

   Quinto capitolo della saga, é un prequel che svela retroscena non necessari sulle circostanze che condussero alla catastrofe la città di Silent Hill.
  Le geniali ma controverse innovazioni di
Silent Hill 4 vengono in larga parte abbandonate in favore di un ritorno al passato che ha inevitabilmente un sapore un po’ stantio, apprezzabile per i fans di vecchia data, molto meno per le nuove generazioni di gamers. Che il titolo punti più all’utenza nostalgica che al grande pubblico lo dimostra anche la sua natura mid budget, tipica dei prodotti di nicchia, e alla scelta di usare come piattaforma principale la miniconsole PSP.
  Contenuti e gameplay rimasticano quasi tutta la serie. Se eventi e personaggi si ricollegano inevitabilmente al prototipo, le atmosfere purgatoriali e la caratterizzazione del protagonista Travis Grady ricalcano
Silent Hill 2, mentre gli aspetti più ficcanti del gameplay non sarebbero concepibili senza il precedente di Silent Hill 4. Purtroppo l’eterogeneità delle fonti mina in partenza quella compattezza e quell’unitarietà che sole caratterizzano le opere grandi. Il risultato finale manca di coesione, anche se Origins paragonato a prodotti simili non risulta certo tra i peggiori. Il taglio rétro imposto a ogni sfaccettatura dell’opera finisce col far cadere il fan preda dell’effetto nostalgia. A volte ci si può accontentare di crogiolarsi tra spaventi vecchio stile, fermo restando che l’innovazione abita da tutt’altra parte.

Trama:

  Il camionista Travis Grady durante un viaggio di routine é costretto a fermarsi quando scorge in mezzo alla strada, all’ingresso della cittadina di Silent Hill, una ragazzina che poi improvvisamente sparisce. Agendo d’istinto, l’uomo raggiunge a piedi una casa in fiamme da cui fuoriescono grida d’aiuto. Travis si introduce nell’abitazione e salva una bambina gravemente ustionata, indi perde i sensi. Ripresosi, va all’ospedale cittadino in cerca d’informazioni sulla piccola. Lo accoglie lo scostante dottor Kaufman secondo cui nessun paziente, ustionato o meno, é arrivato negli ultimi giorni. Travis non si rassegna ed esplora l’ospedale per scoprire al suo interno creature mostruose e strani specchi che si aprono su una realtà parallela aberrante.
  Dopo un’esperienza sconvolgente il camionista si ritrova nell’ospedale originario, dove la gentile infermiera Lisa Garland lo informa che la bimba é morta. Tuttavia Travis, anziché ripartire, va a esplorare il manicomio locale. Incontrerà sulla sua strada la madre della bambina Dahlia Gillespie, che gli lancerà contro pesanti ammonimenti, e un mostro umanoide simile a un grottesco macellaio con una lama di dimensioni abnormi in pugno.
  E alla fine della strada Travis scoprirà verità insospettate non solo sulla bambina e su Silent Hill ma anche su se stesso.

 

Grafica e gameplay

  Per la prima volta un gioco della serie non é realizzato dallo storico Team Silent ma dall’occidentale Climax, sintomo del difficile momento che le software house giapponesi vivono nell’era delle console di 7° generazione, quando il grosso del mercato si sposta in America ed Europa e il paese del Sol Levante si ritrova sempre più a margine, anche dal punto di vista creativo (salvo giochi per Nintendo DS e cellulari).
  Il progetto iniziale, elaborato dal ramo americano della Climax, viene cestinato e riassegnato al ramo inglese quando il primo abbozzo di gameplay si rivela deficitario sotto ogni punto di vista (i filmati di prova mostrano un Travis Grady pari a un sub-clone del Leon Kennedy di
Resident Evil 4!). Gli inglesi conferiscono all’opera un taglio completamente rétro, pre-Silent Hill 4, con recupero di torcia elettrica, radio segnala-nemici, atmosfere nebbiose, indovinelli e ritmi lenti. Purtroppo non tutto funziona a dovere, anche perché la principale console di appoggio é la PSP, non abbastanza potente da implementare caratteristiche oggidì indispensabili per ogni survival horror di un certo peso.
  La telecamera fissa é senza dubbio l’elemento più deprecabile. Quasi sempre Travis é ripreso di fronte quando mette piede in una stanza, perciò il player non ha modo di vedere dove sono collocati i nemici. Andare a sbattere per errore contro i mostri (e di conseguenza subire danni gratuiti) é la norma in
Origins, e il fatto che la cosa sia in parte risolvibile tenendo la torcia spenta per non farsi notare é un’altra defaillance, del gameplay. La torcia, infatti, finisce col diventare superflua almeno quanto lo era la radio di Silent Hill 3, giacché al player per migliorare la visibilità basta aumentare la luminosità dello schermo (Travis non ha bisogno di torcia per consultare mappe o raccogliere oggetti). Inoltre la difficoltà interna é mal bilanciata. I nemici standard sono insolitamente ostici, addirittura più dei boss (!), così alla lunga si preferisce schivarli, senza però che il gameplay favorisca in maniera particolare le fughe come invece avveniva in Silent Hill 4.


 

Proprio Silent Hill 4, é la principale fonte di ispirazione degli elementi più personali di Origins, quelli capaci di rendere il titolo qualcosa di meglio di una copia in carta carbone. Travis, grazie agli specchi, é in grado di passare liberamente dalla Silent Hill “normale” (é un eufemismo) a quella parallela rigurgitante di orrori e ambienti deformi: evidente rielaborazione del passaggio tra mondi mediante il buco nell’appartamento 302. Inoltre in Origins le armi da fuoco hanno scarso peso e dominano le armi bianche, tutte fragili e destinate a rompersi (troppo) in fretta come le mazze da golf di Silent Hill 4. Per il resto, il gioco é una convinta rimpatriata di stereotipi, con nebbia, nemici e locazioni dei passati Silent Hill riassemblati in maniera discreta. Anche gli enigmi sparsi qua e là sono i tipici indovinelli da adventure rétro e contribuiscono ad alimentare l’atmosfera lenta e cadenzata. Insomma, la classica zuppa di vecchi ingredienti cucinati secondo la ricetta di una volta, discretamente saporita per chi apprezza questo genere di menu, del tutto scipita per i mainstreamer.
  Eccellente come al solito la colonna sonora di Akira Yamaoka, che opportunamente si rifà al passato e rielabora in maniera originale il mix di
new age e industrial che contraddistingueva la score del primo Silent Hill, senza per questo trascurare le canzoni d’atmosfera.

 

Analisi:

  Origins segna l’ingresso della saga di Silent Hill nella serie B.
Con questo non voglio giudicare negativamente la qualità dell’opera, tutt’altro che indegna. E’ solo una constatazione del calo dei valori produttivi e tecnici dietro alla realizzazione dell’opera stessa. Prima di
Origins, ogni capitolo regolare di Silent Hill era sempre stato un high budget che puntava a offrire al grande pubblico (non solo ai patiti di survival canonici) qualcosa di unico, profondo e innovativo in termini di gameplay, trama e tematiche. E anche se il risultato finale non si rivelava all’altezza dei propositi (vd. Silent Hill 3) lo sforzo dei creatori era sempre stato intenso e massiccio.
  Con
Origins invece tutto é più leggero: il budget, il comparto tecnico (neanche si sono presi la briga di dare una telecamera decente alla versione PS2...), il respiro, la durata del gioco, il pubblico di riferimento (la “nicchia” di fans nostalgici - non a caso il gioco é per PSP, miniconsole poco idonea agli adventure complessi, e per PS2 quando quest’ultima ha ormai esaurito il suo ciclo vitale).
  Soprattutto sono leggerissime le ambizioni. Rigorosamente ancorato alla formula,
Origins aspira solo a essere un buono e onesto survival horror vecchio stile rivolto allo zoccolo duro di fans nostalgici. Nulla di meno, ma neanche nulla di più.
 
Origins non prova mai a battere strade nuove. Dal punto di vista della trama si limita a riordinare topoi già visti, come nel più classico (e ovvio) dei best of, mentre per quanto riguarda il gameplay si accontenta di rielaborare un minimo le innovazioni di Silent Hill 4 (prevalenza di armi bianche che possono rompersi; passaggio libero e volontario tra mondi paralleli) ma senza autentica fantasia. Il prodotto finale é inevitabilmente troppo di maniera per lasciare un segno duraturo, pur mantenendosi comunque gradevole e capace di suscitare tensione adeguata.
Curiosamente, anche se nasce come prequel del primo
Silent Hill, Origins dedica solo una parte dell’intreccio -nemmeno la più intensa- ai risvolti su Alessa Gillespie, preferendo puntare i riflettori soprattutto sul protagonista Travis Grady e sul suo armadio con tanto di scheletri, in puro stile Silent Hill 2. A ben vedere, la scelta della Climax é la migliore che si potesse fare. I prequel intatti sono raramente interessanti, in quanto si sa già dove le storia andrà a parare e quindi la suspense non decolla mai del tutto. Neppure un titolo di serie A come Resident Evil Zero riusciva a sfuggire a questa regola. Focalizzandosi su un personaggio inedito, la Climax é riuscita a dotare la trama di una certa varietà e imprevedibilità di fondo, sufficienti perché la tensione regga fino alla fine.


  I limiti dell’opera stanno altrove. Nella costruzione eccessivamente formulaica, come si é già detto; nel non riuscito amalgama di elementi troppo eterogenei (i vari
Silent Hill hanno anime assai diverse, anche se ai fans piace considerarli -sbagliando- tasselli separati di un unico puzzle); nell’iconografia ‘di riporto’, con mostri dal design riciclato e banalizzato (gli Straight-Jacket privi di braccia sono un remake dei Lying Figure di Silent Hill 2, discorso simile per il Macellaio, un Pyramid Head in sedicesimo senza traccia della complessità simbolica dell’originale e ridotto ad ammazzasette qualsiasi); nella forzatura di certi passaggi narrativi (per quale ragione Travis, un estraneo totale, dopo che gli é stato detto che Alessa é morta va a ficcanasare nel manicomio anziché mettersi il cuore in pace e lasciare la città, come farebbe qualsiasi persona di buon senso?); nelle defaillances del gameplay (la telecamera non regolabile e le armi che si rompono troppo in fretta sono davvero irritanti).
 
Origins resta un titolo godibile e pauroso quanto basta, ma ha poco da dire a chi non é già fan della franchise. I mainstreamer lo giudicheranno datato, mentre i patiti generici di horror vecchia formula storceranno il naso davanti alle incertezze di trama e gameplay. Come survival rétro, é tutto sommato migliore Rule of Rose che, nonostante i suoi limiti, si mantiene più compatto e soprattutto più consapevole della propria crepuscolarità. Tuttavia Origins può vantare un background più solido e un carisma capace di accentuare l’effetto nostalgia (canaglia).   Quattro titoli di serie A non sono passati invano.
  Il capitolo successivo, stavolta next-gen, é
Silent Hill: Homecoming.

Versioni:

L’opera nasce per PlayStation Portable, con tutti i limiti del caso.
La versione PlayStation 2 -elaborata in contemporanea ma uscita qualche mese più tardi per non penalizzare le vendite di quella per PSP- ha pochissime differenze:
la grafica é un po’ più curata e il formato dello schermo é regolabile, ma nient’altro.
La versione giapponese é stata ribattezzata Silent Hill Zero.

- Sony PlayStation Portable (2007)
- Sony PlayStation 2 (2008)

Marco "Night Walker" Montericcio  


***  Wallpaper   ***