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Kurokku Tawa 3
Clock Tower 3, Giappone 2003
Software house: Sunsoft
Publisher: Capcom


  

   Quarto capitolo effettivo (la numerazione non tiene conto del prototipico Clock Tower: The First Fear per Nintendo Snes) della saga incentrata su fragili e inermi fanciulle in fuga da mostri invincibili.
   Dopo il sostanziale flop di
Clock Tower II e il conseguente ritiro della Human Entertainment dal mondo delle software house, la franchise della Torre dell’Orologio approda a lidi sulla carta più sicuri, quelli del colosso Capcom (Resident Evil, Devil May Cry) come produttore/distributore e della vendutissima PlayStation 2 come piattaforma. Viene perciò compiuto un drastico e poderoso restyling, allo scopo di svecchiare la saga e renderla il più possibile mainstream. Sforzo produttivo e budget sono decisamente “high”, la Capcom coinvolge addirittura pesi massimi come il char-designer Keita Amemiya e soprattutto Kinji Fukasaku (1930-2003), regista cinematografico di ottimi yakuza movie e del seminale Battle Royale, qui al suo ultimo lavoro prima della morte.
   Il gameplay punta-e-clicca, ormai ragnateloso, finisce in soffitta senza rimpianti e la ristrutturazione risulta pressoché totale. Abbiamo così ambienti integralmente tridimensionali, movimento analogico dell’immancabile protagonista femminile, la sparizione del nemico-unico stile Scissorman in favore di più boss (invincibili solo in parte: bisogna evitarli durante l’esplorazione standard, ma vanno combattuti al momento delle ortodosse boss-battle). Se alcune caratteristiche del vecchio C
lock Tower spariscono, ne restano in compenso altre probabilmente più appropriate, tipo la possibilità di nascondersi e di respingere per qualche istante cruciale il nemico incombente.
   Eppure, nonostante l’impegno e la buona realizzazione tecnica,
Clock Tower 3 si rivela alla resa dei conti una delusione quanto e più di Clock Tower II. La ragione? Il colossale fraintendimento dei creativi che, all’atto di concepire plot e gameplay, hanno scelto di attingere ispirazione da un background che MAI ha avuto nulla a che fare né con la saga della Torre dell’Orologio, né con l’horror in generale. Clock Tower 3, ahinoi!, ammicca tristemente ai cartoni animati più modaioli, quelli rigurgitanti insopportabili mocciose-maghette che soprattutto negli anni ‘90 conobbero con SailorMoon un clamoroso successo di pubblico. Il risultato é a dir poco imbarazzante, i pochi spunti genuinamente horror vengono sepolti da una slavina di tamarrate finto-pop e finto-alternative buone per strappare un sorriso ebete a ragazzine con nuvole rosa al posto del cervello. Dal disastro si salva ben poco, tipo la solida regia di Kinji Fukasaku per i filmati in CGI e qualche tocco macabro nella prima metà del gioco (soprattutto le apparizioni dei nemici Sledgehammer e Corroder).

Trama :

   Come già Clock Tower II, anche Clock Tower 3 non ha alcun legame narrativo con gli altri capitoli della saga.
   Protagonista é la quindicenne Alyssa Hamilton (questo il nome nelle versioni occidentali del gioco, in quella giapponese il personaggio, che in effetti possiede caratteri somatici visibilmente orientali, si chiama Yutaka).
   Mentre si trova al college la ragazza riceve dalla madre una lettera che accenna a un grave e incombente -ma non meglio precisato- pericolo, e raccomanda alla figlia di non lasciare la scuola per nessun motivo.
   La ragazza non ascolta l’avvertimento, anzi torna immediatamente a casa preoccupata per la sorte della madre. Qui scopre che della genitrice non c’è più traccia, in compenso trova in sua vece un misterioso uomo nerovestito che si diverte a provocarla prima di andarsene.
   Cercando tracce per la magione, Alyssa si ritrova magicamente trasportata indietro nel tempo, all’anno 1942. Nella Londra devastata dalle bombe della 2° Guerra Mondiale é costretta ad assistere al brutale massacro di una bambina per mano di un bruto chiamato Sledgehammer che subito dopo l’omicidio prende a inseguire la stessa Alyssa.
   La ragazza scappa in cerca di salvezza, finché un potere sopito non si risveglia in lei permettendole di affrontare e vincere il nemico. Scopre in tal modo di essere una “Rooder”, come già sua madre prima di lei, ovvero una persona dotata di poteri magici destinati a combattere il Male, ma anche molto appetibili per il Male stesso che potrebbe sfruttarli per i propri fini.
   Dopo aver sconfitto Sledgehammer, la magia trasporta Alyssa nel 1963 dove un serial killer di nome Corroder uccide sotto i suoi occhi una donna e suo figlio gettandoli in un barile di acido. Ancora una volta Alyssa si ritrova a fuggire disperatamente, almeno finché i suoi poteri non la mettono di nuovo in condizione di reagire e di eliminare il folle avversario.
   In seguito la situazione si fa più chiara per la ragazza, che comprende di essere stata messa alla prova da quelli che sono veri e propri demoni infernali, decisi ad appropriarsi dei suoi poteri. Ma le prove non sono finite. Sulla strada di Alyssa si pongono, uno dopo l'altro, nuovi mostri sadici bramosi di sangue e omicidi, come il patito delle lame Chopper e i gemelli Scissorman e Scissorwoman (nessun punto di contatto con lo Scissorman dei primi due "Clock Tower"). Alyssa continua a fuggire e, quando ne la possibilità, a combattere, ma la sorte della madre resta un enigma e intanto creature ancor più pericolose si preparano a colpire duro sia la ragazza che i suoi affetti…

  Grafica e gameplay:


   Degli ambienti di una volta, rozzamente pixellati, non é rimasto pressoché nulla. In questo lo sforzo della Capcom di svecchiare Clock Tower ha sortito buoni risultati.. I luoghi sono interamente tridimensionali e graficamente molto curati, solo un po’ “leccati” (anche quando in preda al degrado, tipo la Londra della 2° Guerra Mondiale). Il movimento di Alyssa, analogico e ben controllabile mediante levetta, é sciolto quanto basta. A dir la verità la ragazza si rivela puntualmente più lenta dell’inseguitore di turno, ma ciò rientra nelle regole non scritte del genere. Oltre a nascondersi, Alyssa può rallentare i demoni spruzzandoli di acqua santa; naturalmente la quantità di acqua trasportabile é limitata. Per suscitare una maggior sensazione di freschezza e quindi intrigare il pubblico giovane sempre in cerca di novità, luoghi e nemici cambiano molto di frequente (sono lontani i tempi di The First Fear, in cui l’intera vicenda si svolgeva tra le pareti della Barrows Mansion). Il gioco segue a riguardo una successione di eventi fin troppo meccanica: viene presentato un demone-boss che inizialmente deve essere evitato (in questa fase il nemico é invincibile) e solo in un secondo tempo va affrontato in una boss-battle all’ultimo sangue. Sconfitto il cattivo di turno, si passa a una nuova locazione e a un nuovo demone.
   Le boss-battle hanno caratteristiche a parte e purtroppo non si integrano affatto col resto del gameplay né con le atmosfere horror. Durante le battaglie fatali Alyssa impugna arco e frecce infuocate (!), come un’eroina da cartone di serie B, e combatte lancia in resta contro i demoni malvagi. L’effetto é incredibilmente pacchiano, anche perché molti nemici (quelli della 2° metà del gioco soprattutto) hanno un design per nulla minaccioso e paiono, appunto, solo profughi di un cartone animato mediocre.

 

   Analisi:

Clock Tower 3 è sostanzialmente un fallimento. Qua e là non manca di spunti interessanti e di pennellate fascinose capaci di suscitare inquietudine se non proprio paura, però l’insieme non funziona. L’errore di partenza degli autori si é rivelato purtroppo fatale. Siccome la saga della Torre dell’Orologio aveva sempre coltivato i suoi fans più numerosi e accaniti presso il pubblico femminile, doveva essere sembrata una soluzione ideale ispirarsi per trama e gameplay (soprattutto per quanto riguarda le boss-battle) al genere più apprezzato in quegli anni dalle femmine suddette: gli shojo-anime con maghette combattenti. Le ambizioni mainstream hanno impedito di valutare che certi anime non condividono con l’horror nemmeno la più lontana parentela. Un connubio così innaturale poteva funzionare solo operando una totale destrutturazione, cosa che invece Clock Tower 3 non accenna neppure a fare. Ingredienti troppo diversi vengono semplicemente accostati e mai amalgamati, creando sconcerto a ogni pié sospinto. La prima parte del gioco, quella con Sledgehammer e Corroder, é ancora efficace, venata com’è di ruvidezza e crudo realismo (l’uccisione di una bambina a suon di martellate é cosa rara persino nei film horror, figurarsi nei videogiochi!), la seconda metà invece sbraca del tutto. Il design da fumetto di Chopper, degli Scissortwins e del boss conclusivo aspira magari a essere onirico o surreale, ma risulta soltanto ridicolo. Idem per locazioni come l’Inferno di Chopper, più somigliante a una cantina abbandonata che altro. E’ come se gli autori, ricordatisi di colpo che il titolo punta a un pubblico vasto (“Se le ragazzine si spaventano troppo va a finire che non lo comprano”), avessero deciso di alleggerire l’atmosfera e di smorzare ogni cupezza a colpi di trovatine pseudo-pop. La cosa poteva ancora funzionare nell’ottica della parodia o perlomeno ricorrendo a un minimo di autoironia, invece niente! Il melodramma (nel senso più stucchevole del termine) tipico degli shojo deborda. Il tono del racconto resta caparbiamente, dall’inizio alla fine, della massima serietà, per non dire seriosità. Col risultato che il player non sa più se ridere o piangere quando sente Alyssa dichiarare per la cinquantesima volta, con aria da madonnina infilzata, che farà il suo dovere di “Rooder” e salverà il mondo da terribili nemici conciati come pagliacci!
   Dal punto di vista strettamente tecnico va riconosciuto che la giocabilità é di livello discreto e che i comandi rispondono bene, ma alla resa dei conti il titolo non si discosta granché da altri survival horror coevi, invero assai più efficaci dal punto di vista della tensione. In ogni caso il maldestro
pot-pourri di nerdate é talmente indigesto da suscitare disappunto anche nel più convinto fan della franchise. Certamente la regia di Kinji Fukasaku resta efficace, ma bastasse così poco...
Clock Tower 3 si é rivelato piuttosto deludente anche dal punto di vista commerciale. A parte i fans di stretta osservanza, l’opera non ha suscitato molto interesse neppure nelle tanto agognate ragazzine.
Il capitolo successivo, (semi)apocrifo, é
Haunting Ground (in Giappone Demento). L’evidente mancanza di riferimenti alla ‘Torre dell’Orologio’ fin dal titolo dimostra che la Capcom ha preferito consegnare all’oblio una saga che avrebbe meritato conclusione migliore.

Versioni:

   Il gioco é solo per PlayStation 2.
   Come già in
Clock Tower II é stata eseguita (dalla Capcom stessa) una localizzazione discutibile che ha portato all’occidentalizzazione dei nomi dei personaggi, col risultato di creare bizzarri contrasti con le fisionomie e le abitudini dei personaggi, orientali in tutto e per tutto (es., nella famiglia di Yutaka/Alyssa sono i mariti a prendere il cognome delle mogli anziché il contrario, pratica piuttosto diffusa in Giappone, non certo in Usa/Europa).

  • Sony PlayStation 2 (2003)
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    Marco "Night Walker" Montericcio               

     

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