*  JeMM Edizioni -  Via E. Barigozzi 2, 20138 MILANO  *





 

CURSE: THE EYE OF ISIS
Id., Usa 2003 - Software house: Asylum Entertainment
Publisher: DreamCatcher Interactive (Usa), Wanadoo (Europa)
Concept originale gioco: Simon Bailey
Script: Dan Gould, Louis Ho
Direttore artistico: Jason White
Grafico principale personaggi: Tak Saito
Responsabile grafica: Joel Kemp
Produttore: Sai Wun Poon

 

 

  Insolito (e irrisolto) horror avventuroso che sfrutta tematiche e soluzioni estetiche abitualmente appannaggio dei graphic adventure games punta-e-clicca. Il gameplay invece è puro survival, allineato senza inventiva agli standard della 6° generazione.
  Ambientato nel 1890 in
location profumate di avventura classica ed esotismo - il British Museum, una nave nella nebbia, persino un'antica piramide - Curse richiama alla memoria i film orrorifici sulla Mummia e in parte quelli di Indiana Jones per via dell'argomento "archeologico" incentrato su antichi manufatti maledetti. In ambito videoludico temi e ambientazioni simili si rintracciano in particolare, per l'appunto, nelle "avventure grafiche", che amano immergere il player in atmosfere esotiche e fascinose.
  Presso i survival, invece, l'argomento è pressoché inedito e, se gestito con mestiere, poteva bastare da solo a rendere l'opera degna di interesse. Sfortunatamente il risultato appare modesto. Il gioco è sopraffatto dai suoi limiti (di realizzazione e d'ispirazione) e si rivela abbastanza piatto e monotono, incapace di costruire una suspense adeguata, un intreccio coinvolgente o anche solo un gameplay un po' intrigante.
  La grafica
cartoonesca dà un tocco di bizzarria all'insieme, ma nel contesto "serio" appare fuori luogo. Un titolo curioso, ma niente più.

 

 

   Trama:

 Londra, 1890. Il giovane Darien Dane, figlio di un famoso archeologo defunto di recente in manicomio, va una sera al British Museum. Ha appuntamento con l'archeologa e amica d'infanzia Victoria Sutton che vuole mostrargli l'Occhio di Iside, una statuetta egizia appena acquisita dal museo. Il luogo però è piantonato dalla polizia, in quanto una banda criminale si è infiltrata al suo interno per scopi ignoti. Darien, preoccupato per Victoria, si infiltra a sua volta. Incontra così un egiziano di nome Abdul Wahid che gli consegna una lettera del padre.
  Nella missiva il genitore spiega di essere stato lui a ritrovare l'Occhio di Iside anni prima e purtroppo di aver involontariamente risvegliato la maledizione del dio Seth legata alla statuetta. La maledizione fece impazzire l'uomo, che ha poi trascorso il resto della vita in manicomio, e adesso rischia di "contaminare" Darien.
  Come se non bastasse, il museo è setacciato da un famoso ladro di nome Le Chat e dai criminali infiltrati di cui sopra. Un collezionista senza scrupoli di nome Bupo vuole l'Occhio e ha incaricato i suoi sottoposti di recuperarlo a qualsiasi costo, anche di uccidere ogni persona nel museo. Victoria sembra sparita, forse in pericolo da qualche parte. Con l'aiuto di Abdul Darien cerca di rintracciare l'amica e la statuetta, ma purtroppo la maledizione si "attiva" e prende a trasformare i morti ammazzati in zombie.
   Inoltre una volta recuperato l'Occhio Darien dovrà viaggiare fino in Egitto e affrontare direttamente la fonte della maledizione se vorrà conservare la vita e la sanità mentale.


   Grafica e gameplay:

 

  Tutto come da copione. Gli elementi di gameplay sono ortodossi al massimo: telecamere semifisse, munizioni limitate e nemici in crescendo, alternanza di esplorazione, battaglie e chiavi da rintracciare. La realizzazione tecnica, però, è di livello medio-basso. Le inquadrature si presentano puntualmente assai scomode e con una visuale poco adeguata. Inoltre il player per provocare danni decenti deve tenere il character immobile a breve distanza dal nemico e prendere lentamente la mira, restando così vulnerabile agli attacchi degli avversari. Il risultato è che i combattimenti non "divertono" né appassionano, semplicemente scocciano.
  Il personaggio controllabile varia. A volte si tratta di Darien e a volte di Victoria, però il player non ha libero arbitrio. E' sempre il gioco a decidere chi, come e quando.
   Tuttavia tra i due non esistono differenze in fatto di abilità, forza e resistenza. Il movimento è bidimensionale e fluido. L'unico "punto di salvataggio" è curiosamente costituito dal personaggio di Abdul, che accompagna a breve distanza il character principale. Il design di personaggi e
location appare poco ispirato. I primi hanno tratti somatici deformed, ma non risultano particolarmente simpatici o accattivanti. Nemici e ambienti (a compartimenti stagni) sono nel complesso piuttosto anonimi, anche se man mano che il gioco procede guadagnano qualcosa in vivacità visuale. Mai abbastanza, tuttavia, da permettere al gioco di scrollarsi di dosso l' appeal da "serie B".
 

 

   Analisi:

  La Mummia, intesa come mostro cinematografico, appartiene alla schiera dei sempreverdi. Ben tre cicli filmici le sono stati dedicati, quello classico della Universal (cinque titoli dal '32 al '44), quello della Hammer (quattro titoli dal '59 al '71) e quello recente, sempre targato Universal, a base di ironia ed effetti speciali computerizzati (finora tre titoli di cui il primo datato '99, senza contare lo spin-off Il Re Scorpione). Un'icona orrorifica immarcescibile, e tuttavia meno incisiva di "affini" tipo Dracula o il mostro di Frankenstein, probabilmente perché il cinema non ha mai saputo (o voluto) realizzare autentiche varianti narrative e si è sempre limitato a ri-mettere in scena senza tregua gli stessi identici elementi, alla lunga esausti ed esauriti. I numerosi movie sulla Mummia, per amore o per forza, trattano immancabilmente di: scoperte archeologiche legate all'Egitto, maledizioni insorgenti, il mostro in azione fino all'inevitabile dipartita. Nient'altro. Come afferma con ironia il critico cinematografico Rudy Salvagnini ( Dizionario dei film horror, ed. Corte del Fontego), "forse c'è un'antica maledizione egizia contro chi voglia deviare dal tracciato narrativo consolidato". I film più interessanti sono gli "apripista" dei suddetti cicli, tutti intitolati The Mummy. Quello del '32 di Karl Freund è un'opera intrisa di misticismo e atmosfera magica dove il vero nemico è l'egiziano Ardath Bey (un ottimo Boris Karloff), mentre il classico uomo bendato (sempre Karloff) si vede solo in una breve sequenza iniziale. La mummia del '59 di Terence Fisher fa leva soprattutto sul legame sentimentale tra il mostro (Christopher Lee) e la reincarnazione del suo amore perduto ed è caratterizzato da una sensualità piuttosto marcata. Infine il film del '99 di Stephen Sommers è un'avventura briosa in stile Indiana Jones con effetti speciali di buona fattura al servizio di una piacevole storia colma di ironia.
  Curse, purtroppo, non sfoggia nessuna delle sopracitate qualità, né tantomeno varianti. La vicenda ruota attorno a una statuetta che risveglia le mummie e trasforma i morti in zombie, obbligando gli eroi ad andare in Egitto e affrontare faccia a faccia la radice della maledizione: tutto già narrato - e narrato meglio - infinite altre volte. Il sub-plot con il collezionista avido e senza scrupoli è risibile. L'insieme non possiede né le atmosfere magiche del film di Freund o dei migliori adventure games punta-e-clicca dal taglio esotico, né il discreto melodramma sensuale del film di Fisher, né il brio e l'lironia di quello di Sommers. In Curse tutto è molto cheap e molto pulp, materia grezza e dimessa tagliata con l'accetta, sia per quanto riguarda la storia (sbrigativa e risaputa) che i personaggi (inerti cliché) e il gameplay (scarsamente fantasioso e pieno di difetti).
  Penalizzato in partenza da un intreccio scontato che non concede nulla all'imprevedibilità,
Curse poteva risollevarsi solo in virtù di un'ottima realizzazione tecnica o di soluzioni visive particolarmente originali. Vane speranze. Il gioco ha una delle partenze più lente e monotone mai viste in un survival, con il player obbligato a esplorare per ore i semivuoti e noiosissimi corridoi del museo, ripetuti in fotocopia fino allo sfinimento. Per fortuna con l'avanzare del gioco l'insieme tende a guadagnare vivacità grazie a location più ispirate, tipo la nave sul mare nebbioso e la piramide piena di classiche trappole, ma il fastidioso alone da "serie B" permane. Prevedibilità a parte, la vicenda sembra raccontata controvoglia e si trascina stancamente, incapace di generare tensione narrativa. La paura, come avviene di consueto in casi del genere, è affidata agli ovvi e frastornanti salti dalla sedia. Inutile aggiungere quanto tale tattica finisca col risultare irritante.
  Il gameplay possiede i classici elementi survivalistici, vale a dire inquadrature simil-cinematografiche pressoché fisse, munizioni e item curativi limitati, dosaggio di battaglie ed esplorazione, ma il tutto si colloca tecnicamente uno scalino più in basso rispetto alla media degli horror ludici. Durante l'esplorazione le inquadrature appaiono quasi sempre scomodissime, incapaci di fornire al player una visione accurata degli eventuali nemici o degli ambienti nel loro complesso. Anche le mappe risultano approssimative e di poco aiuto. I combattimenti sono altettanto frustranti. Il fatto che il player sia obbligato a restare fermo e vulnerabile mentre prende lentamente la mira significa che il nemico ha tutto il tempo che vuole per attaccare e colpire. Subire danni è la norma in
Curse, e durante le boss-battle i danni diventano ciclopici, a prescindere dall'abilità del giocatore. Difficile appassionarsi e non masticare amaro in circostanze del genere.
  Il character design costituisce forse l'elemento più curioso - benché non più riuscito - del gioco. E' infatti decisamente
deformed, con personaggi tendenti alla caricatura. La cosa è frequente negli adventure games di ambientazione esotica, che puntano a trasmettere leggerezza ironica, senso del fantastico e vivacità visiva, però in Curse risulta incongruente. L'atmosfera generale è infatti da horror "serio", suo malgrado quasi realistico per via degli elementi pulp dimessi e poco ispirati, senza traccia di ironia o voli pindarici. L'effetto complessivo che i personaggi trasmettono, a parte la curiosità iniziale, è quello di comuni esseri umani assurdamente camuffati con mascheroni grotteschi. Quanto al design dei mostri, niente di eccezionale. Un survival un po' anomalo, ma decisamente non riuscito.
 

   Versioni:

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      Il gioco è per PlayStation 2, Xbox e PC.
      Non si segnalano differenze di rilievo tra le diverse versioni, a parte qualche piccolo bug.
      Non esiste edizione giapponese. La versione PS2 è uscita solo in Europa.
      Doppiaggio inglese discutibile.

     

  • Windows PC (2004)
  • Microsoft Xbox (2004)
  • Sony PlayStation 2 (2004) /li>
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      Marco Night Walker" Montericcio       


  • SCREENSHOT
    ( 800 x 600 )

                             

     WALLPAPER
    ( 1280 x 1024 )