*  JeMM Edizioni -  Via E. Barigozzi 2, 20138 MILANO  *




Id., Usa/Giappone 2008
Software house: Double Helix, già The Collective
Publisher: Konami
Lead Designer: Jason Allen
Lead Programmer: Kevin Christensen
Lead Environment Artist: Matt Olson
Lead Visual FX: Eric Greenlief Lead Level
Designer: Daniel Jacobs
Lead Animator: John Behrns
Lead Scripter Designer: David Verfaillie

 
 

  Sesto capitolo della saga orrorifica Konami, il primo per console di 7° generazione. Dopo che il precedente Origins, prequel manieristico for fans only, aveva saldato il conto con la vecchia formula survivalistica, la nuova installazione si assume il non facile compito di riconsegnare la franchise ai fasti della serie A e di edificare una nuova visionarietà, svecchiando per quanto possibile l'apparato narrativo, iconografico e ludico.
  L'impegno senza reticenze della software house americana Double Helix (già responsabile come The Collective dell'ottimo
Buffy the Vampire Slayer per Xbox) ottiene risultati apprezzabili solo in parte. Homecoming è sicuramente più ambizioso, brillante e fantasioso di Origins, ma sistema e progetto non manifestano la lucidità necessaria e l'efficacia del gioco ne risulta intaccata. Il totale spaesamento del protagonista Alex Shepherd, autentico pesce fuor d'acqua, rispecchia l'irresolutezza che pervade l'intera opera. In sostanza, ogni cosa in Homecoming sembra procedere a tentoni: il personaggio principale, incerto persino nella casa natia e quando conversa con la madre; il flusso degli eventi, che alterna fasi di stanca e ristagno a sequenze fin troppo narrativamente dense; il gameplay vagamente schizoide, con il player spesso privo di munizioni e sostanze curative nei frangenti peggiori e le tasche invece zeppe di item quando la situazione è tranquilla. Il nume Konami pare aver perso un po' la bussola e fatica a imprimere alla storica franchise una direzione precisa. Restano il carisma, lo spessore metaforico, la cura formale e una certa verve di base.
 
Homecoming riesce sicuramente a suscitare interesse e brividi a sufficienza, però l'opera si ferma in mezzo al guado e va considerata più che altro interlocutoria e di transizione. Non si sa ancora verso cosa.


   

Trama:

   Il soldato ventiduenne Alex Shepherd si ritrova, senza sapere come né perché, in un ospedale in preda al degrado infestato da infermiere mostruose. Nel tentativo di trovare una via di fuga incappa nel fratellino Joshua di nove anni, che disegna senza curarsi della follia attorno a lui. Alex cerca di avvicinare Joshua, il quale però fugge (spaventato?). Poco dopo l'uomo si ritrova pugnalato da una lama enorme e... si sveglia! A quanto pare è stato tutto un sogno.
Tornato al paese natio di Shepherd's Glen, da dove era partito anni prima per fare il soldato, Alex viene a sapere dal giudice locale che tutto sta degradando, case e strade cadono a pezzi e molta gente è scomparsa nel nulla. Il ritorno nella casa natale non si rivela migliore: la madre, stordita dalla disperazione per la scomparsa di Joshua, è sprofondata nell'apatia e il padre (con cui peraltro Alex non aveva un buon rapporto) è svanito a sua volta dopo essere andato alla ricerca del bambino.
Alex si tuffa nell'esplorazione della città, che scopre infestata da mostri grotteschi. A parte il giudice, le autorità sembrano disinteressarsi dei problemi (il sindaco, per esempio, trascorre tutto il tempo nel cimitero a scavare fosse). Anche la figlia del giudice, la graziosa Elle, amica d'infanzia di Alex, è molto preoccupata. L'esplorazione e la ricerca del perduto Joshua condurranno Alex a sprofondare in una realtà progressivamente sempre più assurda. Forse le risposte giacciono nella città abbandonata di Silent Hill, dove a un certo punto Alex si ritrova senza apparente ragione...
 

  Grafica e gameplay:

  I rari spunti innovativi del precedente Origins (armi bianche che si logorano sistematicamente, passaggio tra dimensioni diverse mediante specchi...) in Homecoming scompaiono senza lasciare traccia. Restano solo i Quick Time Event (sequenze in cui bisogna premere tasti specifici), ma con un ruolo un po' differenziato. Evidentemente Double Helix e Konami hanno preferito rifarsi il meno possibile a un'opera tutto sommato "di serie B", troppo focalizzata sugli aspetti meramente seriali (la torcia, la radio, le strade nebbiose, il protagonista con un enorme scheletro nell'armadio...) per appassionare un pubblico che non fosse quello dei fans di stretta osservanza. In Homecoming si ritrovano naturalmente torcia e radio, così come la nebbia e le strade desolate, ma il tutto risulta implementato meglio rispetto al passato recente. La "telecamera" è perfettamente regolabile e il sistema di combattimento un curioso misto di vecchio e nuovo. Il modello principale si conferma, come è ormai la norma per i survival in Terza Persona, Silent Hill 4, quindi prevalgono le battaglie all'arma bianca, il sistema di 'combo' con attacco potente conclusivo e le munizioni scarse e non cumulabili. A ciò Double Helix ha aggiunto un'innovativa schivata cui è possibile far seguire un contrattacco. Peccato che i nemici agevolmente affrontabili con pugnale e tubo d'acciaio siano pochi, così il player si ritrova spesso, volente o nolente, obbligato ad affidarsi alle poche munizioni che il gioco gli mette a disposizione.
 Risulta piuttosto schizoide la distribuzione di punti di salvataggio e item vari. A volte non ce n'è traccia per ore e ore, altre volte invece abbondano senza risparmio, e ciò non necessariamente in sintonia con la pericolosità degli eventi, anzi spesso ci si ritrova deprivati di tutto nei momenti peggiori per poi avere mani e tasche zeppe di item in situazione più tranquille.
  Anche la grafica a tratti lascia perplessi. Il principale punto di riferimento è il film hollywoodiano
Silent Hill scritto da Tex Avary e diretto da Cristophe Gans (2006), ispirato assai liberamente al primo gioco della saga. Inutile disquisire sulla qualità del film in questione, sta di fatto che grazie a esso alcuni elementi risultano ravvivati e irrobustiti anche dal punto di vista narrativo (es., i membri del Culto di Silent Hill, in precedenza solo nominati), mentre altri esaltano una spettacolarità del tutto gratuita, quasi exploitativa. E' il caso delle infermiere, mostruose solo in viso e con tette e curve bene esposte: il player ha di che lustrarsi gli occhi, ma in tal modo l'infernale Otherworld risulta meno repellente e sgradevole di quanto invece i programmatori si sforzino di far credere.
  E' comunque bizzarro che l'iconografia di un gioco si ispiri a un film che a sua volta si ispirava all'iconografia del gioco stesso! Sintomo di carenza d'idee? Forse, o più probabilmente indecisione sulla strada da imboccare. Indecisione, incertezza, irresolutezza... questi termini ricorrono molto spesso quando si parla di
Silent Hill Homecoming.
 

   Analisi

   Possibile interpretazione critica n.1, quella sociologica (ovvero: "Ogni opera americana è un pretesto per parlare dell'America") - "In Homecoming è replicata su piccola scala l'origine contraddittoria della civiltà statunitense, che ha fondato le proprie puritane fortune sul sangue dei nativi sterminati. Allo stesso modo la civile Shepherd's Glen è prosperata grazie al peccato originale di una strage degli innocenti. E come gli Stati Uniti non sono mai realmente usciti dall'infanzia, così il percorso formativo di Alex è in realtà una regressione allo stadio infantile (il rimpianto per un'epoca in cui 'tutto andava bene') anziché un'effettiva maturazione verso l'età adulta."
  Possibile interpretazione critica n.2, quella allegorica (ovvero: "Ringraziamo gli autori per le esche disseminate, altrimenti non potremmo sbizzarrirci disquisendo di
symbol of..." ) - "Homecoming" è una storia sul tempo visto come qualcosa di totalmente soggettivo, che esiste solo nella coscienza dell'individuo. Perciò gli orologi della città sono tutti bloccati sulle 2:06 e persino il sogno introduttivo del protagonista intreccia eventi passati (le uccisioni mediante dissezione, strangolamento e seppellimento) e futuri (il corpo diviso in due metà perfettamente simmetriche). Le vicende non scorrono dal passato verso il futuro ma coesistono in sincronia come le sfaccettature di un unico gioiello, e la sensazione di 'disordine' che l'opera comunica dipende dal fatto che all'inizio i vari piani temporali si intrecciano in maniera ancora arbitraria e confusa, e il player deve (insieme al protagonista) ridare coerenza alla Quarta Dimensione oltre che alla tridimensionale Shepherd's Glen."
  Possibile interpretazione critica n.3, quella cinico-storica (ovvero: "La finestra sul porcile che è il mondo post-11 Settembre") - "Il paese di Shepherd's Glen incarna l'America di Bush jr., che dietro tante belle parole e tanti bei propositi camuffa le proprie malefatte volte solo a conservare lo status quo
dell'american way of life più retrivo. Alex Shepherd è il reduce, la vittima di una propaganda educativa sbagliata, la parte ancora sana o perlomeno non del tutto corrotta dell'America che dopo la guerra 'torna a casa' (come insegna David Mamet in Bambi contro Godzilla, ed. Minimum Fax, se c'è una cosa che agli americani riesce bene è appunto l'homecoming, il 'tornare a casa' dopo aver portato guerra altrove) per sanare le piaghe aperte e inaugurare la nuova luminosa era obamiana." Possibile interpretazione critica n.4, quella melodrammatica (ovvero: "Uomini e donne sull'orlo di una crisi di sentimentalismi") - "Homecoming è una storia sull'amore e sulle azioni sbagliate che l'amore può provocare, benché in buonissima fede. Alex, mai amato dai genitori che gli hanno sempre preferito il fratello minore, cerca rifugio in un altro tipo di amore, quello per il fratellino Joshua e quello per l'amica d'infanzia Elle. Ma proprio questo amore lo conduce (lo ha già condotto?) a scelte disastrose. A dispetto del flavour apocalittico l'odio non ha sede in Homecoming, in quanto non c'è bisogno di odio per provocare disastri. L'amore da solo basta e avanza. Però lo stesso amore capace di condurre alla rovina può anche condurre alla redenzione, da cui la nota di speranza con cui si sviluppa e conclude la storia."
  Interrompo qui il giochino, che volendo potrebbe durare ancora a lungo, perché credo di aver reso l'idea a sufficienza:
Homecoming è un titolo su cui si può dire tutto e il contrario di tutto, potenzialmente aperto a miriadi di interpretazioni. Ciò in apparenza sembra farne l'opera d'arte ideale, giacché dote di quelli che sono comunemente definiti 'capolavori' è la molteplicità di possibili letture grazie al fitto intreccio di significanti e significati. Sfortunatamente non è il caso di Homecoming. A differenza di Silent Hill 4: The Room, quello sì titolo veramente polisemico aperto a tutte le interpretazioni, comprese quelle non concepite dai creatori (anzi, soprattutto quelle non concepite dai creatori), Homecoming è squadernabile in lungo e in largo solo a causa dell'intrinseca debolezza del suo nucleo. Si tratta sicuramente di un'opera molto curata, persino 'ispirata', con rimandi simbolici e metaforici qua e là anche profondi, ma purtroppo irrisolta nei nodi principali. La software house americana Double Helix ha dato una buona prova di sé, però non è stata in grado di fornire un autentico senso compiuto al gioco, che si incarta su se stesso incerto sulla direzione da far prendere a ogni reparto, sia narrativo che grafico che ludico.
  Reparto narrativo - La vicenda si apre con Alex che cerca di raggiungere il fratellino Joshua, il quale invece fa di tutto per evitarlo. Da quel momento in poi e per ben nove decimi della storia l'obiettivo di Alex resta sempre lo stesso: inseguire vanamente il fratello.
E' uno spunto troppo esile perché l'interesse del player si mantenga costante per tutta la durata spropositata del gioco. Quasi a voler recuperare il terreno perduto, nell'ultimo decimo l'opera accumula raffiche di eventi e colpi di scena in maniera piuttosto gratuita e non sempre coerente. Inutile e impietoso fare confronti con l'originario Silent Hill, poiché là l'obiettivo iniziale di Harry, ritrovare la figlioletta Cheryl, si arricchiva strada facendo dal momento che la sorte di Cheryl si rivelava il tassello di un mosaico apocalittico che coinvolgeva la città di Silent Hill e addirittura il mondo intero. Qualcosa di simile si verificava in Silent Hill 2, in cui le disperazioni dei personaggi secondari Eddie e Angela servivano a comunicare efficacemente che l'obiettivo di James (ritrovare la moglie deceduta) faceva parte di un contesto 'purgatoriale' che trascendeva le questioni personali per inquadrarsi in una prospettiva universale e mitica. In Homecoming, invece, gli inserti tipo quelli col sindaco e il dottore hanno, per l'appunto, il sapore di semplici "inserti", episodi collaterali vagamente affini a side-quest la cui funzione primaria è svagare il player prima che torni a dare la caccia al fratellino di Alex. Di certo non aiuta che la Double Helix abbia costruito questi episodi mediante la deprecabilissima tecnica narrativa di introdurre nuovi personaggi solo per farli morire pochi secondi dopo, giusto il tempo necessario perché costoro pronuncino qualche sfingea dichiarazione che ovviamente lascia il tempo che trova.
Reparto grafico - Il design dei personaggi e degli ambienti è stato notoriamente ripensato più volte e ciò ha portato a risultati non sempre felici. La madre di Alex, per esempio, non sembra davvero molto più vecchia del figlio e il gioco tende ad affiancare
character realistici ad altri piuttosto caricaturali, come il dottor Fitch. Ma è soprattutto la realizzazione dell'Otherworld a rivelarsi semanticamente incongruente: mentre il mondo 'normale' è rappresentato nella maniera più desolata e squallida possibile, in puro stile silenthilliano (grigio dilagante, strade vuote e nebbiose), l'Altromondo appare fin troppo spettacolare con conseguente effetto di saturazione visuale. Ciò è di sicuro dovuto al fatto che tra i modelli iconografici adottati da Double Helix c'è il film Silent Hill di Cristophe Gans, in cui per l'appunto l'Otherworld si presenta assai rutilante, ma la scelta stride con i propositi degli autori e del gioco stesso, che vorrebbero ispirare soprattutto repulsione e angoscia, non certo appagamento visivo. Infernale l'Otherworld di Homecoming lo è di sicuro, ma con i suoi colori brillanti, le sue luci torride, le sue infermiere poppute, la sua sovrabbondanza barocca di orpelli e ammennicoli finisce col generare soprattutto fascino ipnotico, di certo risulta molto più vivace e fantasioso della realtà normale di cui invece vorrebbe essere un risvolto non meno desolato. In nessuno dei capitoli precedenti della saga, nemmeno nel fin troppo flamboyant Silent Hill 3, l'Otherworld risultava fascinoso come in Homecoming. Lo show lisergico che costituisce fa sfumare paura e oppressione in favore di una spettacolarità fine a se stessa e controproducente.
Reparto ludico - Il sistema di combattimento è derivato in maniera massiccia da
Silent Hill 4 (un giorno qualcuno dovrà decidersi a erigere a Silent Hill 4 il monumento che merita!), con munizioni scarse e non cumulabili, prevalenza netta di battaglie all'arma bianca e apparato di 'combo' che si possono concludere con un attacco pesante. Purtroppo i nemici non sempre si rivelano congruenti con le premesse. Gli Smog e i Siam, per esempio, combattono in maniera tale che anche il player più scafato alla resa dei conti preferisce restare a distanza e sparare. Tutto il contrario di Silent Hill 4, dove invece i nemici erano appositamente concepiti in modo da invogliare il player a combattere sempre e comunque all'arma bianca, riservando alla pistola solo un ruolo di minuscolo supporto. Anche la distribuzione di item curativi e punti di salvataggio risulta poco convincente: non si capisce perché nella parte centrale del gioco, dove i nemici letali abbondano, questi elementi siano rarissimi mentre se ne trovino a più non posso in prossimità della fine, quando i pericoli si rivelano tutto sommato limitati.
  Tirando le somme,
Homecoming si conferma un titolo davvero troppo irrisolto per convincere appieno, con sequenze di gioco intense e coinvolgenti affiancate ad altre di una banalità sconcertante. Il suo difetto più grave è che la vicenda narrata, a dispetto dei numerosi sottotesti suggeriti, si riduce a una versione deluxe della classica e melodrammatica battaglia "Bene versus Male". Anche un titolo controverso come Silent Hill 4 sembrava andare nella stessa direzione, ma con una differenza basilare capace di riscrivere completamente le regole del “gioco delle parti”: in Silent Hill 4 il personaggio centrale era anodino e refrattario all'identificazione, mentre l'unico character dotato di sentimenti umani profondi si rivelava l'antagonista, e ciò bastava a rimescolare le carte e a imprimere un marchio di profonda originalità all'intera opera. In Homecoming, invece, Alex si colloca sulla scia dei classici eroi/antieroi già visti in tutte le salse, magari traviati ma aperti alla redenzione e al sentimentalismo, mentre i cattivi si limitano a fare le loro prevedibili cattiverie.
  Sia chiaro che pur con tutti i suoi difetti
Homecoming resta un gioco godibile, realizzato in maniera tecnicamente più che discreta e dotato di una visionarietà a tratti piuttosto intensa (la scelta di ispirarsi al film Silent Hill, molto criticata dai fans "puristi", si è invece rivelata utile per svecchiare qua e là un'iconografia altrimenti frusta). Anche i personaggi sono psicologicamente tratteggiati in maniera interessante; mentre Silent Hill 3 esaltava cliché tanto pretenziosi quanto banali e Silent Hill: Origins si limitava a fare il censimento di tizi weird privi di vero spessore, Homecoming è più accurato nel dipingere character eterodossi che si inseriscano adeguatamente nel tessuto sociale di Shepherd's Glen. Peccato solo che lo stato d'animo dominante del protagonista Alex sia lo spaesamento più completo (in nessun altro gioco della franchise si è mai visto un personaggio principale altrettanto incerto e perennemente indeciso sul da farsi), riflesso speculare dell'irresolutezza che pervade ogni reparto del videogame e che ne pregiudica l'apprezzamento.
Chiave (inconscia) di lettura di
Homecoming è la frase declamata in prossimità della conclusione: "Non è un problema di Bene e Male, ma di Caos e Ordine". Questa sentenza sembra esaltare una presunta complessità di fondo dell'opera, ma in realtà sortisce l'effetto contrario perché è pronunciata da un personaggio negativo -anzi, negativissimo- opposto anima e corpo al benevolo protagonista Alex. La sostanza della frase è esattamente antitetica alla lettera: in fin della fiera tutto in Homecoming si riduce a un problema di Bene e Male, di Buoni contro Cattivi, e termini come Caos e Ordine non sono che chiacchiere di un malvagio per giustificare le proprie malefatte. O di un videogioco irrisolto per puntellare alla meno peggio un nucleo debole e darsi uno spessore filosofico che purtroppo non possiede.
  Il capitolo successivo, un remake sui generis del prototipo, è
Silent Hill: Shattered Memories.

Versioni

Il gioco è per PC, Xbox 360 e PlayStation 3. Non si segnalano differenze di rilievo, persino certi glitch tipici dei giochi PC sono stati riprodotti tali e quali nelle versioni per console.

  • Microsoft Xbox 360 (2009)
  •  

      

  • Sony PlayStation 3 (2009)
  •  

  • Windows PC (2009)
 

   Marco "Night Walker" Montericcio                            

 

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